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Editoriale

Chi ha paura della foresta?

Josephine Condemi
una storia scritta da
Josephine Condemi
 
 
Chi ha paura della foresta?

Carə lettorə,

ogni minuto nel mondo viene disboscato l’equivalente di quasi 10 campi da calcio: solo nel 2023, secondo i dati del report Forest Pulse a cura del World Resources Institute e dell’università del Maryland, abbiamo perso 3,7 milioni di ettari di foresta primaria tropicale. Meno del 2022, come il 2019 e il 2021. Ogni albero in meno significa più anidride carbonica nell’atmosfera, meno radici per trattenere il terreno e prevenire frane e smottamenti, temperature più alte, meno risorse per il sostentamento di miliardi di persone. Le foreste ospitano infatti circa l’80% della biodiversità terrestre presente sul pianeta: specie animali e vegetali che contribuiscono a rendere l’ecosistema vivibile anche per noi esseri umani.   

Disboscare fa spesso rima con spianare, fare spazio in modo violento eliminando, per una ragione considerata superiore, ciò che viene percepito come un intralcio, un ostacolo al proprio modello (di economia, di società, di sviluppo, di vita). Le foreste vivono di biodiversità, i disboscamenti di ripetizione dell’identico: riusciamo ancora a sentire che ciò che consideriamo diverso arricchisce, in un modo o nell’altro, la nostra vita?

In Occidente, la foresta, il bosco, sono da sempre i luoghi “altri” rispetto alla città: luoghi in cui le regole sociali consuete non valgono più, quindi luoghi di incontri inaspettati, esperienze pericolose ed esplorazioni coraggiose. Luoghi di esili imposti o spostamenti volontari, luoghi etichettati come “selvaggi” in contrapposizione a una “civiltà” costruita sui dogmi della razionalità autosufficiente e del dominio sulla natura. 

La selva, in qualche modo, è sempre stata considerata “oscura”: nella Mangrovia di questo mese ci siamo chiest3 se è ancora di questo che abbiamo paura, dell’oscurità della selva. Di perderci in una foresta dove mancano i consueti punti di riferimento e dove potremmo faticare a trovarne di nuovi. Paura di metterci in gioco e rischiare, per scoprire strade diverse. Paura di scoprire che possiamo sopravvivere solo insieme.

Questo mese, quindi, le storie che leggerai su questa rivista e ascolterai nel podcast Zenit racconteranno di persone che hanno scelto di studiare, esplorare e proteggere boschi e foreste, condividendone aspetti non sempre conosciuti: dalle foreste subacquee di alghe kelp alle fotografie ai raggi UV, dal legame tra foresta e memoria alla comunicazione vegetale, da come le scimmie aiutano la salvaguardia dell’ecosistema in cui vivono fino alle foreste di dati che non sempre servono a ricavarne i dati delle foreste.

Cercheremo, come sempre, di analizzare senza vivisezionare, di descrivere senza indugiare nello sconforto né nell’euforia, e di restare radicat3 in questo nostro contemporaneo che forse mai come adesso ha bisogno di pacificarsi con il mistero e l’alterità delle foreste che lo nutrono.


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