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Come il Carbonio Blu guida i business socio-ecologici

L’esperienza del Santuario delle Mangrovie in Perù

Riccardo Silvi
una storia scritta da
Riccardo Silvi
 
 
Come il Carbonio Blu guida i business socio-ecologici

Dai Carbon Credit alla gestione dell’acquacoltura, dal microcredito al turismo sostenibile: viaggio nei modelli di economia generativa a partire dal carbonio blu delle mangrovie 

Esiste un “santuario” di mangrovie, in Perù, che rappresenta un nuovo modello di economia emergente, capace di registrare un aumento del valore economico del 200% in pochi anni. Ha un approccio poliedrico e differenziato, che supera la logica predatoria sulle materie prime e, attraverso il protagonismo delle comunità locali, include meccanismi compensativi delle emissioni globali di CO2, processi di internazionalizzazione dei prodotti ed ecoturismo. 

Infatti, fra i tanti impatti che il cambiamento climatico sta avendo sui nostri sistemi ce n’è uno, meno evidente ma molto importante, sul fronte economico: emergono nuovi modelli di business sostenibili. In altre parole, un’altra economia possibile.

È quanto sta accadendo negli ultimi anni attorno alle mangrovie e al “Carbonio Blu”, sistemi portatori di nuovi modelli di economia generativa che, inevitabilmente, non mettono al centro dinamiche, mercati e culture del nord del mondo. Sono business socio-ecologici.

Cos’è il carbonio blu o “Blue Carbon”

Con il termine carbonio blu si indica l’anidride carbonica sequestrata dall’atmosfera degli ecosistemi oceanici e costieri e depositata nelle radici di piante marine come le mangrovie.

Blu non è quindi il colore del carbonio ma quello dei luoghi da cui viene immagazzinato: i vasti corpi d’acqua, come l’oceano e il mare.

Il costrutto “blue carbon” è stato coniato nel 2009 all’interno di un report1 dell’Environment Programme delle Nazioni Unite, l’autorità che definisce l’agenda ambientale globale. Da anni quindi l’attenzione internazionale si è rivolta verso questo fenomeno biologico come uno degli elementi chiave nella mitigazione dei cambiamenti climatici. 

Ma come si forma il carbonio blu? Nulla di nuovo rispetto a quanto studiato sui libri di biologia delle scuole medie: tutti i tipi di piante per vivere e crescere hanno bisogno di assorbire l’anidride carbonica atmosferica e convertirla in radici, foglie e steli. Una parte del carbonio catturato raggiunge quindi il suolo, tramite il trasporto interno alla pianta o, definitivamente, quando la pianta muore. Grazie al lavorio incessante dei microbi nel suolo e al processo della respirazione che mettono in atto, il carbonio ritorna nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica. Una piccola parte può, però, rimanere immagazzinata nel sottosuolo. È a questo punto del ciclo che, grazie a una sfumatura di blu, avviene qualcos’altro.

Infatti, la biomassa degli ecosistemi marini, anche se meno estesa di quelli terrestri, riesce a sequestrare e immagazzinare carbonio nel terreno fino a dieci volte di più2. Un’area di mangrovie, in particolare, cattura una quantità di carbonio da tre a cinque volte superiore rispetto alla stessa superficie di una foresta tropicale.

Questo vantaggio deriva dall’essere al confine: le mangrovie hanno radici che si diramano su un sottile strato di terreno ossigenato, che per la maggior parte è però immerso nell’acqua. Nell’acqua c’è meno ossigeno rispetto all’aria, quindi i processi di decomposizione avvengono più lentamente: il carbonio nella pianta rimane quindi intatto per lunghi periodi di tempo prima di essere rilasciato nell’atmosfera.

Questo diagramma è adattato da una figura in Sutton-Grier et al. Politica marittima (2014). Fonte: Understanding blue carbon | NOAA Climate.gov.

Ecco perché le mangrovie e il carbonio blu sono così importanti nel contrasto al cambiamento climatico. Viceversa, questo “magazzino” nelle radici delle mangrovie può essere rilasciato improvvisamente quando l’ecosistema viene stressato, degradato o prosciugato per lasciare spazio a costruzioni edili. Dagli anni Quaranta del Novecento, è stato abbattuto dal 30 al 50% delle mangrovie e si continua a un ritmo che potrebbe raggiungere il 3% l’anno3.

Le radici dei business socio-ecologici

Il carbonio blu e le fenomenali mangrovie sono l’esempio calzante di modelli di business socio-ecologico su cui investire.

Un sistema socio-ecologico (SES), secondo lo studio pubblicato per la rivista scientifica Elsevier, dal titolo Reconciling nature, people and policy in the mangrove social-ecological system through the adaptive cycle heuristic4, è un sistema in cui le componenti fisiche, biologiche e sociali sono in relazione interdipendente. 

Un sistema che concilia la natura, le persone e le politiche socio-economiche: non c’è un confine fra ciò che la terra produce e la ricchezza delle persone, fra la fauna che abita un bosco e la fiducia delle persone che quel bosco lo vivono e lo curano. «L’intera base produttiva di un sistema socio-ecologico (SES), compreso il capitale naturale, costruito, umano e sociale, è chiamata ricchezza inclusiva, che deve essere mantenuta o aumentata nel tempo affinché un SES sia sostenibile».

Un esperimento interessante è quanto sta accadendo al Santuario Nacional los Manglares de Tumbes, nel nord del Perù.

Il parco nazionale Santuario Nacional Manglares de Tumbes. Fonte: Google maps.

La diversificazione come chiave del modello di successo

Il Santuario Nacional los Manglares de Tumbes5 è la più estesa foresta di mangrovie del Perù: 29,72 chilometri quadrati. Dal 2017 quest’area è stata affidata dallo Stato per vent’anni alle comunità locali, grazie al lavoro del Consorcio Manglares Noroeste del Perú, nato nel 2015 e dedito alla gestione di questo patrimonio idrobiologico. Il consorzio ha avuto il merito di riunire sotto una stessa  sigla tutte le associazioni attive da oltre 30 anni in questo importante ecosistema e di innestare un modello innovativo, che parte dalla conservazione dell’ambiente e arriva a creare una vera e propria cultura finanziaria nelle comunità.

Il Consorcio Manglares Noroeste del Perú è un’organizzazione sociale nata nel 2015, costituita da sei associazioni produttive locali composte da lavoratori dedicati alla gestione delle risorse idrobiologiche. Da oltre 30 anni promuove la conservazione dell’ecosistema Mangrove e l’uso sostenibile delle principali risorse di questo ecosistema.

Consorcio Manglares Noroeste del Perú

Scopri l’organizzazione

«Quando abbiamo fondato il consorzio» spiega l’ingegnere Henry Preciado, componente del comitato direttivo e responsabile tecnico dell’organizzazione «Siamo stati sostenuti da alcuni finanziamenti operativi. Questo ci ha permesso di rafforzare le capacità dell’organizzazione e, soprattutto, di coinvolgere le associazioni esistenti6». Oggi, specifica Preciado, grazie ai finanziamenti cooperativi, il consorzio conta sei associazioni di lavoratori specializzati nella gestione e raccolta di risorse idrobiologiche. «Ciascuna ha in media 50 membri, con un totale di quasi 300 persone che usufruiscono della foresta di mangrovie» aggiunge Preciado. «Questo capacity building ci ha permesso di avanzare la richiesta allo Stato peruviano per la gestione ventennale del santuario, attraverso piani quinquennali. Sta andando molto bene». 

Dai Carbon Credit all’ecoturismo

Il progetto peruviano ha un modello di business multidisciplinare, che mette al centro la vendita di crediti di carbonio. «Il mercato dei Carbon Credit è fondamentale per noi», spiega Preciado. «Abbiamo stimato lo stock di carbonio presente nella mangrovia di Tumbas attraverso uno standard noto come Plan Vivo7, e questo ci permetterà di certificare il carbonio, di avere il supporto di aziende o enti interessati a mitigare la loro impronta di carbonio acquistando queste obbligazioni o certificati da noi».

Accanto a questa fonte di guadagno, ne coesistono altre minori ma di grande impatto sociale: la pesca, l’acquacoltura e i prodotti artigianali. «Abbiamo un modello di sviluppo guidato da un piano economico-strategico di sostenibilità finanziaria che ci permette di occuparci di molte iniziative e di gestione e conservazione» spiega Preciado, sottolineando l’aspetto partecipativo delle persone che fanno parte della comunità e che usano le risorse dell’area protetta.

 

«Siamo riusciti a creare un impianto di lavorazione artigianale dei nostri prodotti» specifica Preciado. «Un impianto di prima trasformazione dei prodotti idrobiologici che dà grande valore aggiunto ed economico alle risorse offerte dalle mangrovie». 

L’obiettivo dell’impianto, come illustra Preciado, è duplice: valorizzazione delle risorse idrobiologiche delle mangrovie e generare reddito per i pescatori. «Inoltre, è stata costituita la cooperativa di pescatori del consorzio Manglares» spiega Preciado. «Vogliamo arrivare a gestire tutto il processo di conservazione, raccolta, trasformazione e commercializzazione delle risorse idrobiologiche».

Anche il turismo sostenibile sta diventando, progressivamente, un’importante fonte di reddito per le comunità locali. «L’area protetta ha un potenziale turistico molto importante» spiega Preciado. «Stiamo lavorando su queste attività per rafforzare e migliorare l’attività turistica fornita dagli stessi estrattori. I lavoratori che sfruttano le risorse idrobiologiche possono svolgere un’attività diversa come quella del turismo sostenibile e contribuire a migliorare e conservare le risorse idrobiologiche».

Alcuni attori locali che contribuiscono ai membri del Consorzio Manglares in una foto scattata da Henry Preciado. Fonte: Henry Preciado. Tutti i diritti riservati. Riprodotto con il consenso dell’autore

L’economia generativa passa dal microcredito

Tra le più interessanti novità introdotte dal modello economico del santuario di mangrovie peruviano c’è il meccanismo di credito cooperativo, che chiamano Las Unicas e che ha il merito di incentivare una nuova cultura economica nelle comunità locali.

«Questo sistema mette al centro i giovani e le donne della comunità. Il Consorzio ha 13 Unità di Credito e Risparmio (UNICAS), composte da 15-30 persone, alimentate da versamenti regolari dei risparmi dei lavoratori. Attraverso questi fondi è possibile innescare un meccanismo di prestiti verso chi vuole avviare un’impresa o per le esigenze di istruzione dei figli. Questi prestiti generano interessi e questi interessi, aiutano a ricevere profitti. È un piccolo modello», conclude Preciado, «che sta generando molte aspettative e aiuta le famiglie anche nel comprendere i meccanismi finanziari e di impresa».

La voce del carbonio blu

Nella creazione di questi nuovi modelli economici e sociali, la conoscenza del valore degli ecosistemi è un elemento centrale. L’arte, come trasformazione dell’intangibile in tangibile, anche nel caso del carbonio blu può rappresentare un importante strumento per creare consapevolezza. Lo dimostrano perfettamente il biologo marino Vardhan Patankar e gli artisti Kaldi Moss e Waylon D’souzal nella loro ultima installazione, curata da Ravi Agarwal e Jahnavi Phalkey della Science Gallery Bengaluru e presentata in occasione della mostra “Blue Carbon”8, nell’ultima edizione del Serendipity Art festival, il festival di arti e di interdisciplinarietà più grande in India.

Patankar, Moss e D’souza hanno infatti posizionato un idrofono in un sistema naturale, raccogliendo una registrazione unica nel suo genere: quella di un ecosistema che sta sottraendo carbonio dall’atmosfera. Al confine fra arte e scienza, o meglio, tra il suono della barriera corallina e gli atomi di carbonio blu dell’oceano, l’opera coinvolge le persone in un’esperienza dentro le sonorità, a volte straziate, degli ecosistemi marini.

L’opera, così come tutta la mostra “Blue Carbon”, mostra come il tema del cambiamento climatico e quindi del rapporto fra la terra e l’essere vivente non può essere solo una questione tecnologica, ma deve essere affrontato da un punto di osservazione più profondo, «intimo e personale» per usare le parole del curatore del progetto, Ravi Agarwal.

Questo approccio, offerto dal mondo dell’arte, può e deve essere traslato sui modelli economici e di business mettendo al centro i nuovi modi di pensare il presente e di percepire il futuro.


Questo articolo è stato redatto in collaborazione con Alessandra Navazio.

Ha una formazione scientifica ed umanistica. Crede in una nuova forma di conoscere e, quindi, di agire che sia interdisciplinare ed ecosistemica.


  1. Nellemann, C., et al. 2009 Blue Carbon. A Rapid Response Assessment. United Nations Environment Programme, GRID-Arendal, www.grida.no. ↩︎
  2. McLeod, E., et al. (2011). A blueprint for blue carbon: toward an improved understanding of the role of vegetated coastal habitats in sequestering CO2. Frontiers in Ecology and the Environment9(10), 552–560. ↩︎
  3. Understanding blue carbon. (2022, September 29). NOAA Climate.gov. ↩︎
  4. Dahdouh‐Guebas, F., et al. (2021). Reconciling nature, people and policy in the mangrove social-ecological system through the adaptive cycle heuristic. Estuarine, Coastal and Shelf Science248, 106942. ↩︎
  5. Santuario Nacional Los Manglares de Tumbes. Informes Y Publicaciones – Servicio Nacional De Áreas Naturales Protegidas Por El Estado – Plataforma Del Estado Peruano. ↩︎
  6. In particolar modo il programma Profonanpe, il programma Programa Nacional de Innovación en Pesca y Acuicultura, e il Blue Carbon Accelerator Fund (BCAF), promosso da Blue Natural Capital dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), il maggiore network globale sulla protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile. ↩︎
  7. Plan Vivo System – Carbon Offset Guide. (2020, December 29). Carbon Offset Guide. ↩︎
  8. Nath, D. (2023, December 23). Blue carbon takes centerstage as Goa exhibition reveals hidden aspects of climate crisisThe Indian Express. ↩︎

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