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Intervista

Connettersi al cosmo

Il primo murale del nuovo NASA Art Program ispirato alla Generazione Artemis

Josephine Condemi
una storia scritta da
Josephine Condemi
 
 
Connettersi al cosmo

Cosa lega il calendario Maya, i registri akashici e le nuove missioni NASA? Lo abbiamo chiesto a Geraluz e Werc, autori del nuovo murale a Hudson Street, Manhattan, il primo ispirato alla generazione che vedrà la prima donna andare sulla Luna entro il 2026 e poi su Marte negli anni Trenta

Hudson Street è una lunga strada nell’isola di Manhattan, il cuore di New York. Prende il nome dal fiume Hudson, che le scorre a ovest in parallelo. Parte da Tribeca, l’esclusivo quartiere residenziale tra Soho, l’area del World Trade Center e Canal Street, e arriva al Greenwich Village, sede della controcultura beat e ancora oggi piena di teatri off-Broadway. Dal 23 settembre 2024, a metà di questa strada, al numero 350, sorge la prima opera del nuovo Art Program della NASA, che dal 1962 finanzia opere artistiche ispirate alle proprie missioni. Al centro del bando per artisti newyorkesi, lanciato lo scorso giugno in collaborazione con The Hudson Square Business Improvement District, la Generazione Artemis: ovvero, la generazione che vedrà la prima donna e i prossimi uomini sbarcare prima sulla Luna entro il 2026 e poi, negli anni Trenta, su Marte. Dopo la prima breve missione senza equipaggio, Artemis I, compiuta tra novembre e dicembre 2022, la prossima, con a bordo quattro persone, è prevista a settembre 2025. Fino a quella data, il murales in due parti di Hudson Street sarà affiancato da ulteriori opere di arte pubblica, prima a Washington DC e poi, nel 2025, in altre aree degli Stati Uniti. Ma “To the Moon, and Back” è la prima, realizzato dagli artisti Geraluz e Werc: nata nella giungla amazzonica del Perù e cresciuta in quella urbana di Newark, nel New Jersey, lei, nato in Messico e cresciuto a El Paso, in Texas, lui, vivono entrambi a Brooklyn. Li abbiamo incontrati.

Come vi siete conosciuti? E quando avete deciso di fare arte insieme?

Jari “Werc” Alvarez e Gera “Geraluz” Lozano sono artisti di Brooklyn. Werc studia l’arte pubblica come luogo di pratica spirituale, mettendo in gioco figure mitiche concettuali e reimmaginando il nostro legame con la natura e la conoscenza ancestrale. Creando un ponte tra mondi diversi, Werc attinge alla saggezza mesoamericana che rafforza le connessioni con gli aspetti trascendenti della nostra esistenza. Geraluz è un agente della Madre Terra. Le sue opere d’arte si concentrano sul risvegliare le nozioni di femminilità e indigeneità attraverso modalità che incrociano media diversi. Il rituale indigeno di creazione di pattern nell’opera pubblica di Geraluz onora la terra ed è una performance di resistenza e conservazione, portando alla luce sia gli schemi sacri sia gli schemi nel nostro tessuto sociale. Le collaborazioni di GERALUZ e WERC includono il Dipartimento dei Trasporti di New York, l’Autorità Portuale di NJ/NY, Union Square, Authority NJ/NY, Union Square Partnership, Aeroporto di San Diego, Aeroporto Internazionale di Newark, Trust for Public Land, Washington State Art Commission, Sun Metro Transit System, Bulgari, Sony, Google, Toyota, Lufthansa, Valrhona e molti altri.

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Werc: Ci siamo incontrati nel 2008 a Città del Messico: poi ho avuto un progetto a San Diego, in California, e ho invitato Gera a partecipare. Si trattava di un grande progetto di collaborazione, con murales, laboratori e molte altre sfaccettature. Direi subito.

Geraluz: Nel 2008, quando ci siamo incontrati al Festival Internazionale d’Arte di Città del Messico, io ero lì come video artista e Werc come muralista. Ho fatto un video di time lapse painting del suo lavoro. Il primo murales che abbiamo dipinto insieme è Copia Frutas, nel 2010.

Cosa vi ha spinto a partecipare al bando della NASA?

W: Abbiamo visto la open call, personalmente non conoscevo l’Art Program della NASA, ma ho sempre avuto un debole per lo spazio e mi piacciono i pianeti, l’astronomia e l’astrologia. Abbiamo anche un figlio insieme e lui ha già in mente di diventare un astronauta, di andare nello spazio e, in un certo senso, gravita verso le questioni scientifiche. Quindi, per questo progetto in particolare, è stato tutto molto utile per noi.

G: Direi che abbiamo condiviso l’amore per la fantascienza e per tutto ciò che è cosmico da quando ci siamo conosciuti. Siamo sempre stati appassionati a questi temi, guardavamo insieme i programmi di fantascienza, siamo sempre stati un po’ geek ma da artisti: non so nulla, ad esempio, di equazioni di fisica quantistica! La capisco a livello intellettuale. Quindi è stato davvero bello avere un figlio che si è unito al nostro amore per tutto ciò che è cosmico, perché lo capisce da un’altra prospettiva. Noi amiamo l’estetica e la mitologia, lui credo ami la materia, gli elementi, i minerali. È stato davvero un bel collegamento averlo come nostra musa. Ha fatto tutto parte del nostro amore per lo spazio, credo.

Potete descriverci il vostro murale?

W: Entrambe le parti hanno un cerchio al centro, che ha un po’ l’aspetto di un occhio, un po’ di un pianeta. Abbiamo iniziato da lì. Volevamo inserire la luna e altre cose all’interno del cerchio e avevamo anche una visione di nostro figlio lì dentro, così abbiamo deciso di fare un servizio fotografico con lui, come se stesse contemplando alcuni dei razzi e degli oggetti che fanno parte del progetto Artemis della NASA. Quindi abbiamo messo il bambino al centro con la luna e i motivi geometrici sul retro, che alludono a una rappresentazione grafica dello spazio. Ma abbiamo anche pensato di portare il murales a un altro livello e di farlo illuminare di notte con le luci RGB: le luci rosse, verdi e blu colpiranno il murale. Ci stiamo ancora lavorando. Alcune parti del disegno si attiveranno non appena i diversi colori colpiranno l’opera d’arte. Sarà quindi un murale in movimento.

Murales per il rilancio del programma artistico della NASA realizzati da Geraluz e Werc, “To the Moon, and Back”, Hudson Street, New York, 2024, foto di Molly Leon. Tutti i diritti riservati. Riprodotto con il consenso di autori e autrici.

Di cosa è fatto?

W: Il materiale è una vernice a base d’acqua, acrilica, al lattice e spray.

È il vostro primo murale sullo spazio?

W: Ho dipinto lo spazio molte volte in Marocco. Ho fatto un murale su un palazzo di dieci piani, con un umano e un coniglio, intitolato “Segui il coniglio bianco”. E dietro c’è un’enorme luna.

“Follow the white rabbit”, Casablanca, Marocco 2018, Werc. Tutti i diritti riservati. Riprodotte con il consenso dell’autore.

Cosa significa per voi lo spazio? Le prime tre parole che vi vengono in mente.

G: Stelle

W: Connessione

G: Registri Akashici1

W: Memoria

G: I registri akashici sono come la memoria.

Che cosa avete imparato da questa esperienza?

G: Beh, che ci vogliono così tante persone per unirsi, a volte, per far accadere qualcosa. E questo va oltre me, è l’energia universale di ogni cosa che si muove, che arriva nel posto perfetto al momento perfetto con l’intenzione perfetta. Ad esempio, la tuta che indossa nostro figlio nel murale l’avevamo comprata tre anni prima ma non l’aveva ancora mai indossata perché era troppo grande: giocava solo con il casco. Ma quando ho visto la call, la mia mente è andata subito a questa immagine e gli abbiamo chiesto: “Cosa ne pensi di vestirti? Di aiutarci con la visione che abbiamo di questo murale?” E lui ci ha dato il suo appoggio, si è impegnato, poi il lavoro è andato avanti. Progettare un murale RGB è stato un modo del tutto nuovo di lavorare. Per me è stato molto istruttivo, sicuramente.

Credo che la cosa più importante, più di ogni altra cosa, riguardi i cerchi concentrici e la serendipità e quel tipo di messaggio universale: le cose si trovano dove devono essere, nel posto giusto, al momento giusto.

W: Sì, sono d’accordo. E poi, sai, concettualmente stavamo lavorando su una teoria del colore diversa. Perché avevamo bisogno che i colori fossero attivati dalle luci, quindi c’è stata un po’ di curva di apprendimento per lavorare su questo aspetto

Nel murale a sinistra si vedono la Terra e anche un pianeta rosso. È Marte? C’è un collegamento con la prossima missione della NASA?

W: Esattamente. Prima andranno sulla Luna e poi sarà un trampolino di lancio per Marte.

E al centro c’è una specie di stella, forse il sole o forse no.

G: È una semplice stella. Ogni tipo di stella che ti viene in mente.

In quello a destra, perché non avete inserito una bambina?

W: Sai, la maggior parte delle persone, che non sa che l’immagine è ispirata da nostro figlio, non sa dire cosa sia. È sia maschio che femmina. Noi non correggiamo nessuno.

G: Vogliamo che rappresenti tutti i bambini.

I murales sono stati comunicati pochi giorni fa. Avete qualche aneddoto sulle prime impressioni?

W: Sì. Le persone sono davvero incuriosite e stupite da questa immagine nuova dello spazio. Ricordo la famiglia che è scesa dall’automobile per farci sapere quanto fosse grata per questo murale, le persone che hanno fatto di tutto per aspettare che avessimo finito e per dirci che lo adoravano. Ho avuto molte esperienze positive nel dipingerlo.

E la tecnologia? Ne avete usata per progettare e poi realizzare questi murales?

W: Abbiamo usato il computer, una macchina fotografica digitale, ma non avevamo intenzione di usare AR o VR. L’RGB è qualcosa di molto fisico, ti riporta nel presente. Per questo progetto in particolare, non volevamo esplorare ciò che abbiamo fatto in passato.

Geraluz, sul suo sito web si presenta come un agente di Madre Natura: come si lega questa concezione allo spazio?

G: Credo che ciascuno di noi sia un riflesso dell’altro, quindi siamo un riflesso delle stelle e le stelle sono un riflesso di noi. Credo nella mitologia egizia, dove la dea Nuit del cielo è inarcata sulla terra.

Per me è tutto collegato, interconnesso: non mi scollego dallo Spazio in sé, perché sono un agente della Madre Terra o comunque mi sento tale, faccio le cose con questa intenzione.

E credo che questo sia il motivo per cui era così importante per noi avere le luci, il movimento e i colori che provengono dalla terra e allo stesso tempo dallo spazio. Abbiamo così tante cose che vengono dallo spazio e che oggi usiamo qui sulla Terra! Quindi non mi disconnetto: mi vedo come parte di questo universo e la Terra come una parte amata dell’universo.

Werc, lei è d’accordo con questa concezione, la condivide o si concentra su qualcosa di diverso?

W: Sono d’accordo con lei. Sai, seguiamo il calendario Maya2, che è un altro modo di concepire il tempo e lo spazio, che ci porta fuori dalla mentalità colonizzata e ci permette di aprirci a una connessione più profonda, con lo spazio e il tempo e con le stelle.

G: Grazie per aver sollevato questo punto, penso che questo sia il nucleo del nostro modo di vivere.

La cosmologia maya coinvolge noi, la Terra e anche l’universo, perché è tempo e spazio, tutto collegato.

Nel calendario Maya, prima si muove nel tempo e nello spazio e i glifi, cioè le antiche incisioni, sono cose come la terra e il giaguaro e l’aquila e la scimmia e tutti questi archetipi che abbiamo ma che guardiamo attraverso una visione cosmica. Abbiamo insegnato a nostro figlio il calendario Maya, che per me è più importante del calendario gregoriano. Capisco che è così che esistiamo come popolo ma il mio spirito esiste con questa cosmologia e questa visione cosmica dell’universo e della Terra.

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La storia di cui parla questo articolo è stata individuata utilizzando un tool di intelligenza artificiale, Asimov, sviluppato da ASC 27 appositamente per Mangrovia. Il tool ci ha aiutato a scoprire la storia, ma il resto del contenuto che leggi e vedi è il risultato di processi creativi e sensibilità umane, e non è in alcun modo generato dall’intelligenza artificiale. Ecco perché usiamo l’intelligenza Artificiale in redazione!


  1. I registri akashici, o memoria akashica, prendono il nome dal termine “akasha”, che in sanscrito vuol dire “etere” ma che in ambito esoterico viene tradotto come “luce astrale”. In particolare, per le dottrine New Age, i registri akashici sono lo spazio in cui sono iscritte le memorie del mondo, a cui possono accedere solo le persone iniziate. ↩︎
  2. Il calendario Maya, sviluppato dalle antiche civiltà centroamericane, si basa su tre diversi cicli di durata diversa: il ciclo Tzolkin, di 260 giorni, il ciclo Haab di 360 giorni più cinque, il Lungo Computo dall’inizio dell’era maya. ↩︎

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