Riforestare per rigenerarsi
L’esperienza dell’associazione Alvelal nel sud-est della Spagna

Rigenerare entro il 2034 un milione di ettari bilanciando natura e agricoltura è una sfida ambiziosa: l’associazione Alvelal la persegue attraverso una strategia socio-ambientale precisa che passa dalla bioacustica alla semina con droni. Ecco quale
Le dita pizzicano le corde della chitarra acustica mentre l’acqua del fiume scorre. Il cinguettio degli uccelli si unisce al canto del gallo, al suono dei campanacci delle mandrie e delle voci dei pastori per sfumare verso schiocchi di dita e battiti di mani a ritmo di flamenco. Il risveglio ha un’intensità crescente. E in crescendo vanno tutt’e sei le tracce che il collettivo britannico Sound Matters1 ha realizzato registrando suoni e sonificando dati nei territori andalusi e murciani in cui opera l’associazione Alvelal, nel sudest della Spagna.
Dal suolo al suono e ritorno: nella traccia “Soil Composer”, i dati registrati in cinque anni su un terreno diventano musica elettronica. Il sintetizzatore riproduce i valori nutrienti, la profondità del riverbero quelli dell’umidità, la frequenza di interruzione del filtro quelli di temperatura. La complessità armonica che ne deriva è il riflesso sonoro dell’attività microbica crescente. Agli schemi ricorrenti di dati, i pattern, corrispondono schemi ricorrenti di suoni elettronici, in un gioco di rapporti matematici che fa sentire, immediatamente, cosa succede quando in un terreno si amplia, intensifica o instaura la parte riservata alla foresta: si rigenera la vita.
Che significa rigenerare?
«Molti anni fa, ho deciso di mettermi in gioco grazie all’idea di rigenerare la nostra terra in modo olistico: non solo negli aspetti naturale, sociale, economico ma anche attraverso l’ispirazione, il dare speranza che le cose possano cambiare» racconta Antonio Garcìa. «È qui che si inserisce l’arte».

Antonio Garcia si occupa dal 2017 di comunicazione audiovisiva per l’associazione Alvelal, dove ha unito le competenze di comunicazione e cooperazione allo sviluppo. Dopo aver vissuto per anni fuori dalla Spagna, ha sentito il bisogno di tornare e impegnarsi per il proprio territorio.
Scopri l’associazione Alvelal
L’associazione Alvelal opera in un’area compresa tra quattro province del sud-est della Spagna: Granada e Almerìa, in Andalusia, e Altopiano e Noroeste, nella regione di Murcia. Queste province hanno in comune l’Altiplano Estepario, un altopiano di steppa semiarida che fa da transizione tra la foresta mediterranea e il deserto.
Nel 2014 l’associazione è diventata partner della Ong olandese Commonland, che ha l’obiettivo di ripristinare 100 milioni di ettari di paesaggi degradati nel mondo entro il 2040: Alvelal ha ottenuto 400.000 euro l’anno per 20 anni da investire in un milione di ettari seguendo la metodologia dei “4 Ritorni”: ispirazionale, sociale, naturale, finanziario.
Una metodologia che suddivide il paesaggio in tre diverse zone: naturale, agricola ed economica, a cui corrispondono specifiche azioni di rigenerazione. Per la zona naturale, sono previste azioni di protezione della biodiversità e ripristino delle aree umide e delle foreste; per quella agricola, percorsi di agricoltura rigenerativa, silvicoltura e ripristino del suolo; per quella economica, la creazione di modelli di business a valore aggiunto per le persone che vivono i territori.
Oggi Alvelal include 519 persone e 356 aziende agricole associate e ha reinserito dal 2015 368.000 piante autoctone di varie specie su terreni pubblici e privati. La scorsa presidente dell’associazione, Elvira Marín, è ora a capo della fondazione Aland per esportare il metodo a 4 ritorni su tutta la penisola iberica.
Entro il 2034, la sfida è trasformare il paesaggio di un milione di ettari bilanciando natura e agricoltura: ripristinare 25.000 ettari di corridoi naturali per collegare i parchi naturali già esistenti, sostenere la transizione di 600 imprese in hub di biodiversità, invertire lo spopolamento giovanile e contrastare la desertificazione e il cambiamento climatico. Ma cosa significa rigenerare?
«Per me è ancora un concetto difficile da utilizzare, perché è tanto manipolato» sottolinea Garcìa «Credo che se continueremo a sostenere lo stile di vita attuale, moriremo presto. La rigenerazione per me parte da questa consapevolezza del cambiamento, che a volte significa anche fermarsi, decrescere per far continuare la vita sulla terra».
Un movimento che parte prima da sé: «Vogliamo rigenerare il paesaggio, le montagne e tutto il resto ma credo che il lavoro più difficile sia rigenerare la propria interiorità: quello che pensi, come ti muovi, come reagisci, come parli con le altre persone» riflette Garcìa.
«Vedo molte persone che vogliono rigenerare la terra, ma non rigenerano sé stesse. E quindi pensano che in 3, 4 anni al massimo arrivino risultati che ne richiedono almeno venti. Questo a volte in passato mi causava rabbia, poi ho capito che forse era questo il problema: si guarda il fuori e non il dentro».
«Ciascuno ha i propri tempi ma penso che viviamo un momento, come umanità, in cui abbiamo bisogno di più comprensione e aiuto reciproco» sottolinea Garcìa. «Credo in questo tipo di cooperazione, specialmente quando si dimostra che le pratiche sono buone ed efficaci».
Tecnologia e ricerca per le foreste
In un ecosistema, tutto è collegato: l’acqua dolce, l’aria pulita, la fertilità del suolo, da cui dipende la sopravvivenza delle specie viventi, sono il prodotto delle interazioni di quelle stesse specie con l’ambiente circostante. Non è possibile isolare un elemento senza considerare l’impatto che quell’elemento ha su tutti gli altri.
Nelle foreste, ad esempio, un ruolo fondamentale è svolto dagli alberi, che attraverso il processo chimico della fotosintesi basata sulla luce solare convertono l’anidride carbonica e l’acqua in glucosio ed ossigeno. Se il primo nutre la pianta e la terra, il secondo viene rilasciato nell’atmosfera, entrambi a beneficio degli altri esseri viventi. Ma una foresta non è solo alberi, né alberi di una sola specie: risultato di millenni di adattamento e co-evoluzione, si basa sulla biodiversità tra specie differenti che costituiscono un equilibrio delicato e polifonico.
Questo significa, ad esempio, che piantare una specie arborea che richiede molta acqua in un terreno semiarido provoca siccità, così come piantare specie invasive crea una monocoltura che “silenzia” l’ecosistema alterandolo profondamente. A volte può essere più indicato piantare cespugli e arbusti che forniscono cibo a uccelli e insetti o costruire stagni per trattenere l’acqua.
Il Chirivel, comune nella provincia dell’Almeria spagnola, ospita un particolare tipo di ginepro che ha oltre 600 anni ed è stato riconosciuto Monumento Naturale dalla Giunta Regionale dell’Andalusia. El Cortijico è una sua area di alta montagna, nel Parco Naturale della Sierra Marìa-Los Velez: a oltre 1600 metri di altitudine, è caratterizzata da con forti venti e grandi sbalzi di temperatura tra estate e inverno.
Da sei anni, l’associazione Alvelal cerca di favorire la rigenerazione naturale dell’area: nel 2019 sono stati piantumati alberi ed arbusti autoctoni, nel 2020 è iniziata la semina diretta geolocalizzata di oltre 40.000 ghiande e semi di alberi come il ginepro e il pino autoctoni, nonché arbusti come il biancospino. Nel 2021 alla semina diretta è stata affiancata la semina con drone: 500.000 semi incapsulati di pino nero, pino di Aleppo e ginestra sono stati lanciati per via aerea in specifici punti del suolo. Questi semi sono stati prima sottoposti a specifici trattamenti per favorirne la germinazione alle basse temperature e per trattenerne l’umidità anche durante il trasporto, che comporta più esposizione al sole e al vento. I semi di pino nero sono stati incapsulati già con i funghi simbiotici, le micorrize, che ne aiutano l’insediamento nei primi anni di vita. Nel 2022 sono stati costruiti 15 stagni, rovinati dalle piogge torrenziali e ricostruiti nel 2024 insieme alla piantumazione di 8000 nuove piante di specie autoctone e 22,5 chili di ghiande, accompagnate da protettori biodegradabili per proteggerli dalla fauna erbivora.
«Non vogliamo tornare al Neolitico, la conoscenza è sempre benvenuta se usata bene» sorride Garcia. «Abbiamo progetti di ricerca sulla cattura dell’anidride carbonica, sulla qualità delle mandorle biologiche e delle infrastrutture verdi. Usiamo sensori di diverso tipo per monitorare i terreni oltre alla semina con i droni. La tecnologia» conclude «Può aiutare a costruire un futuro migliore».
Lo sviluppo della data sonification, cioè la riproduzione dei dati attraverso il suono, sta contribuendo ad ampliare il paesaggio sonoro2 in cui siamo immersi. In particolare, i dati registrati dai sensori di temperatura, umidità, attività microbica nel terreno che diventano suoni elettronici sono una nuova forma di geofonia3, cioè di suoni prodotti dalla terra, che insieme alla biofonia emessa dagli organismi viventi e dalla antrofonia degli umani forma l’insieme dei suoni di un ambiente.
La bioacustica è già utilizzata per misurare il benessere di un ecosistema: più i paesaggi sonori sono popolati e coprono le diverse frequenze audio, più la biodiversità non è a rischio. In un paesaggio sottoposto a rigenerazione come quelli su cui lavora Alvelal, la musica può cambiare in un crescendo.
- Fondata nel 2014 dall’esperto di sostenibilità Mike Edwards e dal produttore musicale Harry Coade, Sound Matters è un’organizzazione impegnata a creare una cultura dell’ascolto per migliorare la comunicazione di individui e organizzazioni. ↩︎
- Per approfondire l’argomento, si veda Schafer, R. M. (1977). The Tuning of the World, New York: Knopf. ↩︎
- Sulla geofonia si veda Bernie K. (1987). Bioacoustics: Habitat ambience and ecological balance, Whole Earth Review, 57: 14-18. Vedi anche Pijanowski B. C., Villanueva-Rivera L. J., Dumyahn S. L., Farina A., Krause B. L., Napoletano B. M., Gage S. H., Pieretti N. (2011). Soundscape Ecology: The Science of Sound in the Landscape. BioScience 61 (3): 203. doi:10.1525/bio.2011.61.3.6 ↩︎