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L’SOS cromatico dei laghi 

Come e perché gli specchi d’acqua dolce cambiano colore

Marta Abbà
una storia scritta da
Marta Abbà
 
 
L’SOS cromatico dei laghi 

Chi li fotografa entusiasta forse non sa che i laghi stingono per le precipitazioni intense e diventano rosa o verdi per siccità inattese e l’azione di alghe e batteri. Effetti della crisi climatica e dell’inquinamento ambientale, a cui l’arte prova a dare voce

Il Masazir in Azerbaigian, il Dusty Rose Lake in Canada, il Torrevieja in Spagna, il Pink Lake in Australia: sempre più laghi stanno cambiando colore. Capire come e perché non è banale ma necessario, per provare a restituire a ciascun lago il proprio equilibrio ecosistemico. 

Laghi rosa e scenari poco rosei

Un esempio singolare è in Senegal: il Retba Lake, rosa da sempre, è motivo di grande orgoglio ma soprattutto di guadagno per chi grazie alle sue rive si sostiene attraverso agricoltura o turismo. Le piogge intense sempre più frequenti e il deflusso delle acque reflue dai quartieri circostanti hanno aumentato il livello della sua portata da tre a sei metri. Anche chi ha usato le tempere solo “quella volta a scuola”, può intuire come il lago abbia perso il proprio colore e gli abitanti delle rive la loro fondamentale fonte di sostentamento.

Questo episodio1 trova il controcanto in molti altri, in cui la comparsa del rosa lacustre, al contrario, non è affatto segno di buona salute. È il caso, ad esempio, del lago Hillier in Australia, che negli scorsi anni ha visto calare vistosamente il proprio livello assumendo un colore rosa per la concentrazione di quasi cinquecento tra batteri, alghe e virus. Ospiti inattesi, perché estremofili, ovvero in grado di sopravvivere in condizioni estreme per tutti gli altri organismi e anche per l’area circostante, colpita da prolungate e inedite ondate di siccità.

Ricordiamoci le tempere: se manca l’acqua, il colore diventa più carico, perché aumenta il livello di salinità che fa proliferare organismi come la microalga Dunaliella salina,2 tra le poche al mondo che tollera concentrazioni di cloruro di sodio fino al 35%, un pH fino a 11 e temperature fino a 38 °C. 

La presenza della Dunaliella Salina è sinonimo di guai per un lago abituato a essere dolce, così come quella del Salinibacter ruber, un batterio abituato a vivere in concentrazioni di salinità estreme (20%-30%). Entrambi rendono rosa le acque per proteggersi da radiazioni e raggi ultravioletti: la Dunaliella aumentando la produzione di betacarotene, il Salinibacter quella della batteriorodopsina, entrambi “coloranti” naturali. 

Cambio colore, stesso messaggio: siamo in crisi

Altri specchi d’acqua dolce (o quasi) hanno optato per colori meno “pop”, esplorando sfumature di verde o di blu più esplicitamente collegabili ad uno stato di “malessere climatico”.

Nella zona dei Grandi Laghi, in America Settentrionale, il lago Erie, diventato verdastro, è stato messo in osservazione via satellite della NOAA-National Oceanic and Atmospheric Association, che ha anche effettuato prelievi per misurarne la tossicità3

Anche in Cina Settentrionale, quando il lago Hulun4 ha virato verso il verde cupo, è stato prontamente posto a check-up per quantificare la concentrazione di certi speciali organismi: i cianobatteri.

Wannes Van Hassel è un biochimico di formazione. Dopo il master alla KULeuven, ha conseguito un dottorato di ricerca in “Scienze” all’Università di Liegi e un dottorato di ricerca in “ingegneria delle scienze alimentari” all’Università di Gand sviluppando un metodo per quantificare la cianotossina nella catena alimentare belga in collaborazione con Sciensano, istituto di ricerca per la salute pubblica dove attualmente lavora, nell’unità “Tossine”.

Scopri le sue pubblicazioni

«La decolorazione dei laghi causata dai cianobatteri è un fenomeno mondiale che ha effetti su tutti gli esseri viventi ed è probabile che sarà sempre più frequente, con episodi anche più persistenti» spiega il biochimico Wannes Van Hassel, che da anni studia le fioriture di questi organismi unicellulari che possono far diventare i laghi verdi, bluastri, gialli o rossi. Ogni specie contiene infatti uno strato di schiuma o fanghiglia di colore diverso, a seconda del mix dei pigmenti che lo caratterizza, ma la causa della loro proliferazione è sempre la stessa: il cambiamento climatico. 

«Quando le temperature salgono e di conseguenza aumenta anche il numero dei loro nutrienti come fosforo e azoto, si creano le condizioni ottimali per la proliferazione dei cianobatteri», spiega Van Hassel. «Queste stesse condizioni possono essere causate anche dall’eutrofizzazione dei laghi5 causata da agricoltura o industria».

Il problema, precisa il professore, non è legato ai pigmenti colorati che producono nei laghi ma «all’aumento della loro biomassa nell’acqua, che può avere effetti negativi su tutto l’ecosistema: quando i cianobatteri si aggregano in superficie, fanno ombra agli organismi fotosintetici più profondi e sottraggono ossigeno alle altre forme di vita». Non mancano i danni alla salute: «Alcuni cianobatteri possono anche produrre composti tossici in grado di danneggiare il sistema nervoso e gastrointestinale, come anche reni e fegato, sia dell’uomo che di altri animali», sottolinea Van Hassel. 

Il colore della denuncia: le opere di Shigeko Hirakawa 

La comunità scientifica parla chiaro, ma a volte il messaggio non arriva con l’efficacia sperata. E allora entrano in scena anche gli artisti, quegli artisti che da oltre 10 anni hanno scelto di aiutare i laghi a manifestare il proprio malessere, mettendoli al centro delle proprie opere.

Shigeko Hirakawa è un’artista ambientale. Nata in Giappone, dal 1983 vive e lavora in Francia dove è arrivata grazie a una borsa di studio. Da pittrice, ha iniziato a interessarsi al rapporto tra uomo e natura, creando installazioni en plein air su temi come l’acqua, l’aria, l’energia solare, le piante e gli ecosistemi. Le sue opere sono state esposte in diverse mostre, soprattutto in Francia, Giappone, Belgio, Svizzera e Stati Uniti.

Scopri le sue opere

Alcuni lo fanno proprio usando il colore, ma non alghe o batteri. Shigeko Hirakawa, “performer climatica” di origini giapponesi e attiva in Francia, ha puntato per esempio sulla fluoresceina, una polvere tra il rosso e l’arancione, biodegradabile e innocua, che rende l’acqua verde ed è usata come colorante fluorescente naturale dal 1960: considerata dall’OMS uno valido strumento di diagnosi in campo oftalmologico, serve anche per “tracciare” le acque sotterranee. 

Nella sua opera Follow the water (2014), Hirakawa ha colorato le acque che scorrono lungo 83 ettari di giardino dello Château de Trévarez, in Bretagna, per metterci di fronte alla enormità dei nostri consumi idrici.

follow the water shigeko hirakawa
Un disegno dell’opera Follow the water con il percorso dell’acqua colorata dall’artista all’interno della tenuta del Château de Trévarez (Francia, Normandia). Fonte: Shigeko Hirakawa. Tutti i diritti riservati. Riprodotto con il consenso dell’artista.

«L’idea è nata nel 2012 leggendo un report dell’UNESCO e uno studio dell’Università di Netherlands6 sull’impronta idrica annua globale e della Francia», spiega l’artista. Il dato del consumo idrico francese, 1800 tonnellate di acqua all’anno, per il 97% aveva cause “inspiegate”: «Guardando i numeri con attenzione ho capito che non possiamo controllare lo spreco d’acqua a livello privato, ma certamente possiamo e dobbiamo farlo a livello politico», afferma l’artista. 

«La quantità di acqua presente nel serbatoio del sistema idrico del castello coincideva esattamente con l’impronta idrica di un francese: con la mia performance l’ho colorata per far visualizzare alle persone l’impressionante quantità di acqua che consumano e l’ho fatta scorrere attraverso i canali della tenuta, fino al lago situato nella parte bassa del giardino, facendolo diventare gradualmente verde brillante», spiega. «Ho colorato anche quella del bacino affianco, in quantità equivalente all’impronta idrica individuale dell’Etiopia: insieme, il bacino e il lago contenevano 2.500 tonnellate di acqua colorata, ovvero l’impronta idrica individuale degli Stati Uniti». Una giornalista che ha visitato l’opera è passata presto dallo stupore allo sbigottimento riflettendo sul consumo di acqua individuale e collettivo. 

Alcuni scatti dell’installazione “Follow the water” realizzata nel giardino Château de Trévarez (Francia, Normandia), con un dettaglio dello scorrere dell’acqua colorata di fluoresceina verso i bacini posti nella parte più bassa del giardino. Fonte: Shigeko Hirakawa. Tutti i diritti riservati. Riprodotte con il consenso dell’artista.

Accanto a Follow the water, Hirakawa ha installato Water in a bubble: 9 sfere di plexiglass con un diametro di 40 cm posate su una delle vasche del giardino del castello, nel “Bacino del Cacciatore”, ampio 90 metri. Grazie a una fessura nella parte bassa del bacino, la fluoresceina di Follow the water ha colorato di verde anche ciascuna delle Ball of water, «invitando chi osserva a considerare l’acqua dolce una risorsa preziosa nell’intero Pianeta e da non sprecare», precisa Hirakawa. «Anche se in alcune aree può sembrare sia a disposizione senza limiti di quantità, non è così».

Insiste sullo spreco idrico anche l’installazione Water Footprint (2014), realizzata nella stessa area, sempre a partire dai dati di consumo idrico UNESCO: Hirakawa ha raccolto in un serbatoio una quantità di acqua pari a quella mediamente consumata da una persona in un giorno (55 tonnellate) e ha realizzato una passerella elastica e calpestabile lunga quasi 25 metri e larga sei. “Era necessario attraversarla a piedi nudi e uno per volta, per percepire meglio la fragilità di questa risorsa e, allo stesso tempo, rendersi pienamente conto della considerevole quantità di acqua che consumiamo ogni giorno, ignorandone il valore” spiega l’artista. 

Shigeko Hirakawa sta tuttora lavorando su questo tema: la sua prossima opera, Water Cycle – Gaïa and Cyclops si focalizzerà sulla relazione tra ciclo dell’acqua e cambiamento climatico, per continuare a dar forma e voce a quel SOS che a sua volta non cessa di dare colore ai laghi, in ogni parte del mondo. 

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  1. Prove di salvataggio del Lago Retba, Diaw, P. A. (2023, February 1). Lac Rose au Sénégal : quelle solution pour lui redonner sa fameuse coloration ? BBC News Afrique. https://www.bbc.com/afrique/articles/c9wrw4e7421o. ↩︎
  2. Sull’abilità della Dunaliella Salina nell’adattarsi a livelli di salinità estremi si veda Oren, A. (2014). The ecology of Dunaliella in high-salt environments. Journal of Biological Research – Thessaloniki, 21(1). https://doi.org/10.1186/s40709-014-0023-y. Sul futuro di quest’alga, segnato dalla crisi climatica e antropizzazione si rimanda a Ramos, A. et al. (2011). The unicellular green alga Dunaliella salina Teod. as a model for abiotic stress tolerance: Genetic advances and future perspectives. In ALGAE 26(1):3-20. 10.4490/algae.2011.26.1.003. ↩︎
  3. I dettagli del monitoraggio su Lake Erie – NCCOS Coastal Science website. (2024, April 10). NCCOS Coastal Science Website. https://coastalscience.noaa.gov/science-areas/habs/hab-forecasts/lake-erie/. ↩︎
  4. Sulla storia del Lago Hulun si veda Chen, X., Chuai, X., Yang, L., & Zhao, H. (2012). Climatic warming and overgrazing induced the high concentration of organic matter in Lake Hulun, a large shallow eutrophic steppe lake in northern China. Science of the Total Environment, 431, 332–338. https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2012.05.052. ↩︎
  5. L’eutrofizzazione indica l’accrescimento degli organismi vegetali per effetto di dosi elevate di sostanze nutritive come azoto, fosforo o zolfo nell’ecosistema acquatico, provenienti da fonti naturali o antropiche (come i fertilizzanti, alcuni tipi di detersivi, le acque reflue di origine domestica o industriale). Si veda Giorgi, G., PennaIstituto, M. (2023). Eutrofizzazione. In Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. https://indicatoriambientali.isprambiente.it/it/acque-marino-costiere-e-transizione/eutrofizzazione. ↩︎
  6. Report “The Water Footprint of humanity” (Hoekstra, A. Y., & Mekonnen, M. M. (2012). The water footprint of humanity. In Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 109(9), 3232–3237. https://doi.org/10.1073/pnas.1109936109) e focus sulla Francia da cui l’artista ha tratto i dati per le sue opere (Ercin, A. E., Mekonnen, M. M., & Hoekstra, A. Y. (2012). The water footprint of France. In Value of Water Research Report Series (No. 56). UNESCO-IHE Institute for Water Education. https://www.waterfootprint.org/resources/Report56-WaterFootprintFrance.pdf). ↩︎

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