Creatività e (è) sopravvivenza

Carə lettorə,
abbiamo chiuso il 2024 con Le scoperte che aprono il futuro, in cui abbiamo condiviso alcune delle maggiori scoperte scientifiche dell’anno e ci siamo interrogat3 sul rapporto che c’è tra l’Eureka individuale e il contesto socio-culturale in cui si sviluppa, paradigmi scientifici compresi.
Iniziamo il 2025 con un mese dedicato alla creatività, il processo generativo attraverso cui l’Eureka, o insight, si manifesta. Dal Romanticismo in poi, siamo stati abituat3 a considerare le persone creative come geni ribell3, con vite sofferte e spesso votate a tragici finali: una specie di novelli Prometeo destinati a pagare per la scintilla creativa rubata a qualche divinità e donata agli altri esseri umani. Viceversa, con la nascita di Internet e l’irruzione progressiva del digitale nella vita quotidiana, negli ultimi trent’anni la creatività ha spesso assunto le forme degli imprenditori della new economy, supereroi di successo capaci di trascinare il resto delle società verso magnifiche sorti e progressive attraverso il processo che l’economista Schumpeter aveva definito decenni prima distruzione creativa.
Entrambe queste visioni stanno subendo una ferita (narcisistica?) dall’avvento delle cosiddette intelligenze artificiali generative, ovvero dei software programmati per essere nostri partner di comunicazione a partire dal riconoscimento di schemi di linguaggio naturale: addestrate con grandi quantità di dati, queste macchine sanno prevedere statisticamente la struttura delle frasi, riprodurre stili di testo e trasformare un input testuale in formato audio, immagine, video. Contenuti che eravamo stati abituati a considerare di esclusiva pertinenza e creatività umana.
Se la creatività si caratterizza come arte combinatoria, così come l’hanno definita il fisico Henri Poincaré prima e il semiologo Umberto Eco poi, le macchine sembrano riuscire a produrre più combinazioni in meno tempo di noi. Ma sono combinazioni sensate? Riescono cioè a produrre qualcosa che, come ha scritto la pubblicitaria Annamaria Testa nell’ormai classico La trama lucente, sia contemporaneamente Nuovo e utile?
Ad oggi, le IA generative non solo non hanno un corpo ma non riescono a dare significato alle correlazioni che elaborano: dall’input, l’obiettivo che soddisfa un bisogno e che viene sottoposto dall’essere umano, producono un output che possono raffinare sulla base di successive indicazioni. La dimensione semantica, di codifica e decodifica nel contesto, è ancora tutta umana. Eppure, è la prima volta nella storia dell’umanità che possiamo interagire a questo livello con delle macchine per dei compiti ritenuti finora “non meccanici”.
Arriveremo alla “creatività in serie” (riedizione del dibattito sull’omologazione culturale del ‘900) o potremo leggere più esplicitamente le variabili (i paradigmi) su cui si fonda la creatività di questo inizio millennio? Il futuro, come abbiamo già scritto, non è mai quello di una volta.
E in Mangrovia, prosaicamente, riteniamo che la creatività sia sempre stata e continuerà a essere una questione di sopravvivenza: riuscire ad allargare il proprio (e della società) repertorio di esperienze e conoscenze può aiutare a esplorare più possibilità di risoluzione di un problema, anche, a volte, riformulando la domanda. Viceversa, ostinarsi a utilizzare gli stessi schemi di pensiero e/o di azione senza valutarne gli effetti nel contesto in cui si applicano non ha mai portato, per usare un eufemismo, grandi benefici. In questo mese, proveremo a utilizzare più del solito il pensiero laterale per trovare la creatività dove non te la aspetti: anche questa, per noi, è informazione.
Grazie di esserci. Buon viaggio!