L’estetica del doppio
Lo spazio del possibile altrimenti che ci aiuta a conoscere il mondo

Carə lettorə,
in questi primi sei mesi abbiamo esplorato insieme sei differenti habitat in cui si sviluppa o si è sviluppata la vita: la mangrovia, la città, il deserto, l’acqua dolce, la foresta, l’acqua salata, lo spazio. Abbiamo scelto un approccio relazionale che vogliamo mantenere: dal “macro”, gli ecosistemi, nei prossimi sei mesi ci sposteremo sul “micro”, cioè su quel particolare “come” del nostro conoscere che è l’esperienza estetica.
Etimologicamente, estetica viene dal greco aisthésis, che indicava la conoscenza del mondo attraverso la sensibilità corporea. Una percezione multisensoriale che diventa cognizione, e a propria volta dalla cognizione è influenzata. Un’interazione che ci lega al mondo di cui siamo parte e che contribuiamo a costruire, anche immaginandolo.
Non a caso, gli oggetti estetici per eccellenza sono quelli artistici, espressioni delle sensibilità individuali e/o collettive che attingono all’immaginazione e/o all’immaginario e costituiscono altrettante immagini del mondo. Immagini che lo rappresentano, lo riproducono, ma più spesso lo restituiscono intensificato dalle emozioni e dai significati vissuti da chi le esperisce. Emozioni e significati attivati anche dai neuroni-specchio, cioè i neuroni motori che si accendono sia quando riconosciamo le azioni altrui, sia quando assistiamo alle rappresentazioni delle loro azioni, come al cinema, in un meccanismo che viene chiamato simulazione incarnata.
Più i nostri sensi sono immersi contemporaneamente nel mondo, più ci sentiamo presenti, a noi stess3 e alle altre persone, e quindi vivi. L’estetica, prima che una teoria, è un’esperienza. Dove e come si vive, in un mondo sempre più mediato da rappresentazioni digitali interattive, soprattutto, ma non solo, visive? Cercheremo di esplorarlo insieme, attraverso sei parole-chiave che ci accompagneranno nei prossimi sei mesi.
Cominciamo questa settimana dal Doppio, lo spazio dell’altro troppo vicino per essere estraneo ma troppo “diverso”, e quindi “lontano”, per essere medesimo: dall’altro me all’altro mondo, il doppio è lo spazio del possibile altrimenti, del “come se”, della virtualità non ancora attuale ma presente. Dal Doppelgänger al Digital Twin, dall’Avatar alla natura della luce, il doppio ci ricorda che la realtà sfugge a qualsiasi definizione univoca e monodimensionale, in una pluralità di linguaggi e simboli che ci osservano con sguardi familiari, da vivere con i sensi e i neuroni accesi. Esteticamente.
Grazie di esserci. Buon viaggio!