
Il progetto europeo Butterfly, avviato nel 2025, punta a proteggere farfalle, api e altri impollinatori, valorizzando il loro ruolo vitale attraverso nove living lab distribuiti tra Europa e Nuova Zelanda. Spazi che intrecciano scienza e tecnologie immersive per salvaguardare biodiversità e sicurezza alimentare, ma anche promuovere un nuovo modello di convivenza sostenibile tra società e natura.
Dalla medicina ai cosmetici, dal cibo alla bioenergia, molti dei nostri prodotti essenziali dipendono dagli impollinatori ma pochi sono coloro che lo sanno, e una parte di essi sembra fare finta di non saperlo1. Eppure, anche nella altamente antropizzata Europa, viviamo a stretto contatto con questa categoria di esseri, condividendo aria e spazi con più di 2.100 specie di api, 900 diversi tipi di sirfidi, 500 farfalle e migliaia di falene, senza contare le decine di migliaia di mosche, che visitano fiori, vespe, coleotteri, altri insetti e uccelli impollinatori. Come chiarire una volta per tutte che siamo tutti strettamente connessi e interdipendenti? Da marzo 2025 ci sta provando il progetto Butterfly, ufficialmente promosso dal programma Horizon Europe2 e che vuole «migliorare la capacità della società di valutare, prevedere e rispondere alle minacce poste dagli impatti a cascata del declino degli impollinatori». Più che per gli impollinatori in sé, sembra un’iniziativa per proteggere gli esseri umani dalle conseguenze delle proprie azioni, chiedendo loro lo sforzo di imparare cosa significa una gestione responsabile del pianeta. Rimodellare il rapporto della società con la biodiversità in modo più sostenibile e rispettoso: ecco come.
One Health in azione
Il concetto di One Health non è solo un principio teorico, ma un approccio riconosciuto dal Ministero della Salute italiano e dalla Commissione Europea adottato internazionalmente da organizzazioni come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Organizzazione per l’Agricoltura e l’Alimentazione (FAO), l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (WOAH) e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) come un quadro di riferimento per affrontare sfide globali quali le malattie emergenti, la resistenza antimicrobica e le crisi ambientali. Il termine (letteralmente “una sola salute”) riconosce l’intima interconnessione tra la salute degli esseri umani, degli animali, delle piante e dell’ambiente è interdipendente e inscindibile. Le radici storiche del concetto risalgono almeno al XIX secolo, quando il medico Rudolf Virchow sosteneva che tra medicina umana e veterinaria non dovessero esserci barriere, e usava il termine zoonosi per enfatizzare il legame tra salute animale e umana3.
In questo contesto, Butterfly assume un ruolo emblematico: non solo studia gli impollinatori, ma applica concretamente il paradigma One Health4 mostrando come la sopravvivenza di api, farfalle e altri insetti sia parte integrante della salute del pianeta e, in ultima istanza, del nostro stesso benessere.
Il progetto Butterfly
Iniziativa europea Horizon 2025-2029 che coinvolge 24 partner da 13 paesi per proteggere gli impollinatori e la biodiversità attraverso un approccio One Health. Utilizza 9 “living lab” distribuiti in Europa e Nuova Zelanda come spazi collaborativi dove scienziati, agricoltori e comunità locali testano soluzioni innovative per il ripristino degli impollinatori. Il progetto integra ricerca scientifica, educazione, tecnologie emergenti (VR, AI) e dialogo politico per creare un impatto reale sulla conservazione. Coordinato dall’Università di Bergen, mira a sensibilizzare la società sull’importanza vitale degli impollinatori per la sicurezza alimentare e l’equilibrio ecosistemico. L’obiettivo finale è sviluppare strategie sostenibili e replicabili per contrastare il declino degli impollinatori e adattarsi al cambiamento climatico.
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Quattro sono i pilastri del progetto: la conoscenza degli impollinatori, l’educazione degli stakeholder, l’interazione tra scienza e politica e i living lab. Dal solo nome si intuisce subito come siano questi a rendere unico e innovativo il progetto. Pilar De la Rúa Tarín, Professoressa ordinaria del Dipartimento di Zoologia e Antropologia Fisica dell’Universidad De Murcia5 lo conferma. Lei è la responsabile di uno dei 9 laboratori viventi finora avviati. Spazi collaborativi creati per testare, in condizioni reali, visioni, strategie e soluzioni settoriali specifiche per il ripristino proattivo degli impollinatori. La sfida più grande è garantire che questi spazi restino anche al termine del progetto, «affermandosi come luogo di incontro e hub pratico di innovazione, dove agricoltori, scienziati, studenti e società civile collaborano su soluzioni sostenibili per la conservazione degli impollinatori e l’adattamento al cambiamento climatico» spiega De la Rúa Tarín.
Per affrontare una sfida così complessa, Butterfly ha scelto fin dall’inizio di costruire solide alleanze con associazioni di agricoltori e organizzazioni locali. Non semplici partner di progetto, ma veri e propri protagonisti: secondo De la Rúa Tarín, saranno loro i «motori del Living Lab», perché portano conoscenze pratiche, radicamento sul territorio e capacità di incidere realmente sulle abitudini quotidiane.

Pilar De la Rúa Tarín, professoressa di Zoologia presso l’Università di Murcia, è specializzata nello studio e nella conservazione di api mellifere, api senza pungiglione, bombi e altri impollinatori, concentrandosi su genetica, patogeni, pesticidi e impatti dell’apicoltura. Dirige il progetto nazionale APISALUS sulla salute degli impollinatori e sull’apicoltura sostenibile e ha coordinato iniziative europee come SUPER-B e PoshBee in Spagna. Autrice di oltre 120 articoli scientifici, ha anche servito come prima e unica Presidente di Eurbee e ha organizzato il Congresso Eurbee 6.
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«Coinvolgendoli fin dall’inizio», spiega, «il progetto mira a far sì che si sentano parte integrante e responsabile del percorso, creando reti in cui agricoltori, scienziati, imprese e cittadini collaborano per guidare il cambiamento nelle loro regioni e oltre». È una visione che unisce ricerca e comunità, scienza e vita reale, e che trova la sua forza proprio nella condivisione. Butterfly è partito ufficialmente solo da pochi mesi: nessuno può promettere risultati immediati, ma ciò che è certo è un impegno autentico, collettivo e duraturo.
Il valore dell’interdisciplinarità
In un’Europa in cui la dimensione comunitaria delle politiche ambientali non sempre riesce a emergere con forza, un progetto come Butterfly, che mette insieme oltre venti partner da Paesi diversi, diventa un segnale incoraggiante. Non si tratta di un semplice consorzio nato per rispettare le regole dei finanziamenti europei: come sottolinea la ricercatrice Pilar De la Rúa Tarín, l’internazionalità e la collaborazione sono una necessità, non un ornamento. Solo unendo competenze e prospettive di contesti differenti è possibile affrontare una sfida globale come quella del declino degli impollinatori.
In un’Europa in cui la dimensione comunitaria delle politiche ambientali non sempre riesce a emergere con forza, un progetto come Butterfly, che mette insieme oltre venti partner da Paesi diversi, diventa un segnale incoraggiante. Non si tratta di un semplice consorzio nato per rispettare le regole dei finanziamenti europei: come sottolinea la ricercatrice Pilar De la Rúa Tarín, l’internazionalità e la collaborazione sono una necessità, non un ornamento. Solo unendo competenze e prospettive di contesti differenti è possibile affrontare una sfida globale come quella del declino degli impollinatori.
La rete transnazionale consente di amplificare l’impatto dei risultati, incidere sulle politiche europee e mantenere alta l’attenzione pubblica sugli impollinatori come risorsa strategica per il futuro. Ma serve anche a qualcosa di molto concreto: scambiarsi errori da evitare e buone pratiche da replicare, condividendo esperienze tra i vari living lab sparsi in Europa e oltre. Accanto al laboratorio spagnolo situato nella Region of Murcia coordinato da De la Rúa Tarín, ce ne sono altri 8 disseminati dentro e fuori dall’Ue tra Nuova Zelanda, Danimarca e Norvegia, Francia, Olanda e anche Italia6. Ognuno di essi sperimenta soluzioni che, se efficaci, vengono adattate dagli altri contesti locali, in un processo di apprendimento reciproco.
All’interno di un Living Lab di Butterfly non si trovano provette o microscopi, ma persone e territori che dialogano. Sono spazi aperti in cui agricoltori, apicoltori, scienziati, studenti e cittadini lavorano fianco a fianco per immaginare e testare nuove soluzioni a favore degli impollinatori. Qui si sperimentano pratiche agricole più rispettose, come la riduzione dei pesticidi o la creazione di siepi e corridoi ecologici, si restaurano habitat naturali e si valutano nuove colture capaci di sostenere la biodiversità. Ogni scelta viene discussa con chi vive quotidianamente quei paesaggi, così da rendere le soluzioni concrete e davvero applicabili.
Misurandosi quotidianamente con il paesaggio semi-arido della Spagna sud-orientale, De la Rúa Tarín si sente sulla linea di fronte, spettatrice di «un’anteprima degli impatti del cambiamento climatico, da un osservatorio privilegiato per anticipare le sfide e testare soluzioni che potrebbero poi essere applicate ad altre aree mediterranee e persino a livello globale».
La forza del progetto, tuttavia, non sta solo nella dimensione multinazionale ma anche nella sua natura multidisciplinare. «Per la prima volta, stiamo lavorando a stretto contatto con scienziati sociali, ampliando la prospettiva oltre la biologia e l’ecologia».
«Questa collaborazione interdisciplinare rende possibile comprendere non solo il comportamento degli impollinatori, ma anche le dinamiche sociali ed economiche che influenzano la loro conservazione».
L’impatto della tecnologia
I Living Lab non sono solo luoghi di sperimentazione scientifica, ma anche spazi di educazione e confronto aperti alla società. Butterfly non sarebbe nemmeno partito senza la presenza importante delle nuove tecnologie: la realtà virtuale vi prende parte come “strumento educativo e interattivo”. Non si tratta di un semplice “effetto wow”: queste simulazioni aiutano a comprendere visivamente il valore invisibile degli insetti, trasformando un concetto astratto in un’esperienza diretta e memorabile, creando un potente effetto di sensibilizzazione. Secondo De la Rúa Tarín, questa tecnologia così come l’intelligenza artificiale, offrono un supporto fondamentale alla comunicazione e il trasferimento delle conoscenze. «Quest’ultima può aiutare a creare materiali su misura per diversi pubblici (dai bambini in età scolare agli esperti), generare modelli predittivi delle tendenze delle popolazioni di impollinatori, o supportare il processo decisionale nelle politiche agricole e ambientali», spiega.
«La tecnologia diventerà un alleato strategico per ampliare la portata del progetto e garantire che i risultati raggiungano efficacemente coloro che ne hanno più bisogno».
Non solo ricerca scientifica, quindi. «Butterfly nasce per integrare la conservazione degli impollinatori con una forte componente sociale ed educativa», aggiunge, «per andare oltre la sfera accademica e portare la conoscenza direttamente alla società». Non è un caso, infatti, se fin da subito, nei living lab, si sono aperte le porte alla tecnologia e si è scelto di lavorare con studenti dall’educazione primaria fino all’università, promuovendo la consapevolezza ambientale fin dalla giovane età.
«Questo assicura che i futuri cittadini e professionisti comprendano il ruolo vitale degli impollinatori nella sicurezza alimentare e nell’equilibrio degli ecosistemi» spiega De la Rúa Tarín. «Butterfly enfatizza anche il dialogo con i decisori politici e le comunità locali, entrambi fondamentali se si desidera che i risultati della ricerca abbiano un impatto reale sulla gestione del territorio e sulle politiche pubbliche».
- Per approfondire:
– Potts, S. G. (2016). The Assessment Report on Pollinators, Pollination and Food Production: Summary for Policymakers. https://files.ipbes.net/ipbes-web-prod-public-files/spm_deliverable_3a_pollination_20170222.pdf
– Klein, A., Vaissière, B. E., Cane, J. H., Steffan-Dewenter, I., Cunningham, S. A., Kremen, C., & Tscharntke, T. (2006). Importance of pollinators in changing landscapes for world crops. Proceedings of the Royal Society B Biological Sciences, 274(1608), 303–313.
https://royalsocietypublishing.org/doi/10.1098/rspb.2006.3721
– Garibaldi, L. A., Carella, D. S. G., Jodar, D. N. N., Smith, M. R., Timberlake, T. P., & Myers, S. S. (2022). Exploring connections between pollinator health and human health. Philosophical Transactions of the Royal Society B Biological Sciences, 377(1853). https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC9058530/ ↩︎ - Horizon Europe, il sito ufficiale delle iniziative: https://www.consilium.europa.eu/it/policies/horizon-europe/ ↩︎
- Barus, D. (2023, April 18). Che cos’è (e perché ci riguarda) il modello One Health? FUV. https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/altre-news/che-cose-e-perche-ci-riguarda-il-modello-one-health ↩︎
- One Health. Termine che indica un approccio olistico e integrato alla salute che riconosce la stretta interconnessione tra la salute umana, la salute animale e la salute ambientale.(https://www.who.int/health-topics/one-health#tab=tab_1) ↩︎
- Sito ufficiale dell’Universidad de Murcia https://www.um.es/ ↩︎
- Il living lab italiano è in Lombardia, presso l’Università di Milano Bicocca. https://pbiella.wixsite.com/pbiella/livinglab ↩︎