I dati non sono mai neutrali: il modo in cui li scegliamo, ordiniamo e mostriamo racconta sempre qualcosa di noi. Il lavoro di Federica Fragapane e di Visualizing Palestine rivela come la visualizzazione possa diventare un gesto politico, capace di dare forma a storie vive e situate.
Ci sono migliaia di storie da raccontare e ognuna di esse può essere narrata in modi diversi. Scegliere come informare e come rappresentare la realtà non è mai un gesto neutro, soprattutto quando si parla di dati. Cosa dice di noi il modo in cui organizziamo, categorizziamo e visualizziamo l’informazione? Da questa domanda partono i lavori di Federica Fragapane, information designer italiana che ha ridefinito l’estetica e la politica dei dati, e di Visualizing Palestine, collettivo che usa la visualizzazione come strumento di giustizia sociale.
Federica Fragapane è una information designer indipendente. Negli anni ha realizzato progetti di data visualization per le Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Google, BBC, Triennale Milano e La Lettura del Corriere della Sera. Ha tenuto lezioni come guest lecturer, tra gli altri, all’Università di Harvard, alla London School of Economics and Political Science e al Royal College of Art di Londra. Nel 2025 ha realizzato per Triennale Milano l’installazione Shapes of Inequalities, parte della 24ª Esposizione Internazionale Inequalities. Nel 2023 tre sue opere di data visualization sono entrate a far parte della collezione permanente del Museum of Modern Art di New York e, nel 2025, sono state esposte nella mostra Pirouette: Turning Points in Design. Per molti dei suoi progetti adotta un approccio sperimentale, selezionando con cura i linguaggi visivi con cui invitare i lettori a leggere le storie raccontate dai dati.
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Entrambi mostrano come i dati possano essere vivi e situati e come il modo in cui li rappresentiamo possa diventare un atto politico.
Una critica alla neutralità dell’informazione
Federica Fragapane realizza progetti di data visualization – la traduzione grafica di dati e informazioni complessi – e tre sue opere di data visualization sono entrate a far parte della collezione permanente del Moma nel 2023. Fragapane, con i suoi lavori visuali, sfida la presunta neutralità dell’informazione visiva, rimettendo al centro la persona, o meglio, le persone: chi i dati li vive, li produce e li guarda. «Il mio metodo» spiega «consiste nell’utilizzare linguaggi visivi in grado di restituire questa presenza» e ciò non sempre avviene seguendo diagrammi lineari o classici. Quando il progetto lo consente, racconta, «utilizzo molte forme che sono più morbide» e che richiamano l’universo organico, spinta dal desiderio di ricordare, a se stessa e ai lettori, la presenza, seppur silenziosa o silenziata, di una storia dietro ogni dato1. Alla domanda sull’accessibilità di queste forme, non a caso risponde: «Come buona pratica cerco di non dare mai nulla per scontato, anche quando una rappresentazione per me è semplicissima. A volte mi è stato detto: “non sono canoniche, uno scatterplot sarebbe stato più chiaro”».
«Ma chi lavora nel settore assume che tutti sappiano leggere i dati. Non è così: un linguaggio che può sembrare universale in realtà è esclusivo».
Si tratta quindi di una questione di linguaggio: quello della data visualization non è ancora diffuso, e molte persone non sono abituate a interpretare grafici. Per questo Fragapane lavora con la familiarità. «Magari può sembrare strano, ma richiamando forme naturali, come quelle che uso spesso, anche i grafici diventano più accessibili, anche se più intricati».
L’estetica come scelta
Per Fragapane al centro resta sempre la libertà di scegliere, soprattutto oggi, in un contesto in cui l’Intelligenza Artificiale elabora e restituisce dati anche in forma grafica. Non riconosce un unico modo giusto di fare le cose e rifiuta l’idea del “si è sempre fatto così”, che considera una spinta alla rigidità2. Le sue forme organiche sono quindi una reazione alla tendenza all’uniformazione, un modo per resistere a un’estetica algoritmica e impersonale. Non sono mancate le critiche: «Soprattutto un po’ di tempo fa, quando la visualizzazione doveva essere fatta in un certo modo: geometrica, pulita, minimale. In un libro che cito spesso, Data Feminism3, si parla proprio di come una certa estetica sia stata associata a un tipo di autorevolezza maschile». Ne Parole visive – vive e politiche Fragapane riprende un passaggio chiave di quel testo: «Nel caso della visualizzazione dei dati, ciò che viene escluso sono l’emozione e il sentimento, l’incarnazione e l’espressione, l’ornamento e la decorazione. Questi sono aspetti dell’esperienza umana associati alle donne e, pertanto, sminuiti».
Fragapane fa invece l’opposto: sceglie di restituire, anche visivamente, la fragilità dei dati stessi, la quale non va qui intesa come un prodotto della drammaticità del fenomeno, ma derivante da un lato dalla sua continua mutevolezza, come in Iran protests sul conteggio dei morti dall’inizio delle proteste nel Paese nel 20224, e dall’altro dal suo continuo processo di emersione, come nel lavoro realizzato in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, a partire dalle percentuali, suddivise per Paesi, di donne che hanno subito violenza domestica nel corso della propria vita5.
«Capita, e lo specifico, che i numeri a partire dai quali creo i miei lavori non sempre siano perfettamente esatti e accurati. In questi casi, mi sono detta, che è comunque importante parlarne perché, pur con la loro inaccuratezza, sono in grado di restituire un’immagine terrificante ed esplicativa di una situazione o di un fenomeno».
I dati come memoria viva del popolo palestinese
Due lavori, in particolare, fanno emergere l’approccio della information designer, restituendo una panoramica ampia dell’apartheid israeliano contro i palestinesi6. Già nel 2024, Fragapane nel suo lavoro Rafah presenta al suo pubblico un piccolo pezzo della complessa situazione palestinese, a partire da tre semplici numeri: gli indicatori della densità di popolazione della città omonima nel sud della Striscia di Gaza. Tre dati che, nella loro secchezza, raccontano uno spostamento di massa, avvenuto quando l’esercito israeliano ha ordinato ai palestinesi di evacuare verso sud da altre zone della Striscia di Gaza e la densità di popolazione nella zona di Rafah è aumentata in modo drammatico.
«Volevo creare un’immagine che sembrasse viva» spiega Fragapane «proprio perché stavo pensando alle persone vive. Ho cercato di lavorare molto sul movimento e ho creato questa forma: una sorta di stringa molto movimentata e irregolare».
Per realizzarlo ha prima tracciato con il trackpad una linea irregolare e dinamica, pensata per evocare un movimento continuo. Successivamente, lungo quella traccia, ha distribuito centinaia di pallini verdi, ognuno a rappresentare una persona per chilometro quadrato. Si vede così che nella prima immagine, quella di ottobre, la trama è rada e a dicembre si infittisce, a febbraio diventa quasi compatta: un corpo unico.
Il secondo lavoro qui affrontato, Gaza, prende il via da dati tratti da un rapporto Oxfam e da una nota di Save the Children7. Le fonti indicavano che, in quel periodo, il numero di vittime palestinesi cresceva a una media di circa 250 persone al giorno, un ritmo superiore a quello registrato in altri grandi conflitti recenti. Riportavano inoltre che, in quasi 100 giorni di operazioni israeliane a Gaza, erano rimasti uccisi più di 10.000 bambini. A partire da questi dati Fragapane immagina una serie di rami intrecciati: forme che crescono l’una sull’altra. Nella prima immagine i rami sono 250, come le vittime medie giornaliere. Nella seconda, li moltiplica per più di cento volte. Il risultato è un corpo visivo che parla di perdita, ma anche di stratificazione e accumulo di informazioni. In entrambi i casi, i dati sono materia viva, accessibile anche senza seguire l’imperativo della semplificazione.
Oltre la cronaca del dolore
È proprio nel tentativo di restituire presenza ai palestinesi e di rendere complessa la loro rappresentazione, facendo emergere quella dimensione di agency e di legittimità che spesso resta sullo sfondo, che il lavoro di Francesca Fragapane si avvicina all’obiettivo dell’organizzazione no-profit Visualizing Palestine.
Visualizing Palestine
Visualizing Palestine è un’organizzazione indipendente senza scopo di lucro che utilizza dati e ricerca per comunicare visivamente le esperienze palestinesi e promuovere un cambiamento narrativo. Attraverso infografiche, visualizzazioni e storytelling basato su evidenze, il nostro lavoro mira a rendere accessibili informazioni complesse e a sfidare le narrazioni dominanti sull’ingiustizia e l’oppressione in Palestina.
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Entrambi, seppur con linguaggi e modalità diverse, si muovono a partire da un presupposto politico comune: rendere visibile ciò che è sistematicamente oscurato, restituire umanità e responsabilità laddove la narrazione dominante tende a cancellare. Visualizing Palestine è infatti un progetto di ricerca e di visualizzazione dei dati che utilizza infografiche e altri strumenti visivi per comunicare l’esperienza palestinese e sfidare le narrazioni egemoniche. Lanciato nel 2012, il progetto ha mostrato fin da subito il potenziale che hanno i media digitali nel riportare le storie di resistenza palestinese a un pubblico globale. I loro contenuti hanno segnato una nuova modalità di racconto: non più solo la cronaca del dolore, ma una narrazione della dignità e della resistenza. Contro la rappresentazione dicotomica dei palestinesi – vittime o terroristi – Visualizing Palestine rivendica la complessità e la piena soggettività dei corpi e delle vite che racconta. Nel farlo, riconosce anche le responsabilità dell’Occidente nella perpetuazione del sistema coloniale. I loro lavori – come Fund Care, Not Killing8, in cui da un’arma germoglia una pianta per mostrare finanziamenti alternativi alle armi, o 177 School Buses9, una infografica poetica con i 177 autobus scolastici che servirebbero per contenere tutti i bambini e le bambine palestinesi che hanno perso la vita – sono atti di resistenza. Bisogna tenere a mente che il progetto nasce e cresce in un contesto in cui la libertà di stampa e di espressione è costantemente messa in discussione. Non solo gli scopi, ma anche le modalità di lavoro di Visualizing Palestine rivelano una cura radicale. La loro lentezza è deliberata: progettano in anticipo e rifiutano la logica della viralità, preferendo collaborazioni non estrattive e processi collettivi. Tra i criteri guida del progetto, uno in particolare riassume tutto ciò:
«Prospettiva umana: questo argomento mira a trasmettere l’impatto sulle persone reali10?».
In un’epoca in cui la comunicazione tende alla semplificazione e alla capitalizzazione dell’informazione, i lavori di Federica Fragapane e di Visualizing Palestine dimostrano che visualizzare può essere un atto femminista, decoloniale e anticapitalista, un gesto di cura e di restituzione, capace di incidere sul modo in cui comprendiamo e raccontiamo il mondo. Fragapane, alla fine dell’intervista, dice che ha troppo rispetto degli attivisti per ritenersi una di loro. Ma riconosce, senza esitazione, che ogni gesto di comunicazione è politico. Scegliere di rivendicare l’umanità dei dati in un contesto di morte, di disinformazione e di polarizzazione estrema diventa allora un gesto radicale e una forma di resistenza contro la disumanizzazione.
- Fragapane, F. (2023, 5 settembre). Parole visive — vive e politiche. Medium. https://medium.com/@federicafragapane/parole-visive-vive-e-politiche-7075aca56eb ↩︎
- Fragapane, F. (2023, 5 settembre). Parole visive — vive e politiche. Medium. https://medium.com/@federicafragapane/parole-visive-vive-e-politiche-7075aca56eb ↩︎
- D’Ignazio, C., & Klein, L. F. (2020). Data feminism. In The MIT Press eBooks. https://doi.org/10.7551/mitpress/11805.001.0001 ↩︎
- Scopri il progetto Protests in Iran https://www.behance.net/gallery/154164323/Iran-protests ↩︎
- Prevalence of violence in the lifetime, Fragapane, F. (2023, 5 settembre). Parole visive — vive e politiche. Medium. https://medium.com/@federicafragapane/parole-visive-vive-e-politiche-7075aca56eb ↩︎
- Il conflitto israelo-palestinese si protrae da decenni, caratterizzato dall’occupazione israeliana di Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza, dalla costruzione di insediamenti e dall’imposizione di restrizioni alla mobilità e alla libertà della popolazione palestinese. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, Israele ha imposto un blocco totale su Gaza, determinando una grave crisi umanitaria. A settembre 2025, la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite ha rilevato che gravi violazioni dei diritti umani nella Striscia di Gaza occupata si configurano come un genocidio. Nonostante il recentissimo cessate il fuoco, i bombardamenti e attacchi militari continuano, aggravando le condizioni di vita, a partire da quelle sanitarie fino a quelle economiche, della popolazione palestinese. ↩︎
- Gaza, https://www.behance.net/gallery/207824389/Gaza ↩︎
- Fund Care, Not Killing, Visualizing Palestine, 10 aprile 2025: https://visualizingpalestine.org/visual/fund-care-not-killing/ ↩︎
- 177 School Buses, Visualizing Palestine, 7 giugno 2024: https://visualizingpalestine.org/visual/177-school-buses/ ↩︎
- Visualizing Palestine. (2020, 13 febbraio). Data storytelling for Palestinian rights: Visualizing Palestine’s editorial criteria. Medium. https://visualizingpalestine.medium.com/visualizing-palestines-editorial-criteria-cf347aa92944 ↩︎