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AI Manifesta

Svelare la retorica politica con l’Intelligenza Artificiale

Alessandra Navazio
una storia scritta da
Alessandra Navazio
 
 
AI Manifesta

Cosa resta di un manifesto politico se si toglie il messaggio? In AI Manifesta, Francesco D’Isa e Chiara Moresco utilizzano l’Intelligenza Artificiale per svelare la grammatica visiva della propaganda: mani, pugni, bandiere, colori identitari. Un’opera che è insieme indagine critica, archivio esposto e vaccino visivo contro il pathos politico.

Un pugno chiuso, una mano che si alza, un fiore che sboccia nel mezzo di uno sfondo rosso acceso. I manifesti politici ci parlano prima ancora di dire qualcosa. Sono immagini che conosciamo bene tanto da colpirci senza che ce ne accorgiamo. AI Manifesta, l’opera firmata da Francesco D’Isa e Chiara Moresco, affissa da circa tre settimane in via Zaccherini Alvisi 11/2 a Bologna, a cura di Sineglossa e Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, parte proprio da qui: dalla grammatica silenziosa della propaganda visiva.

Francesco D’Isa

Di formazione filosofo e artista digitale, ha esposto internazionalmente in gallerie e centri d’arte contemporanea. Dopo l’esordio con la graphic novel I. (Nottetempo, 2011), ha pubblicato saggi e romanzi per Hoepli, effequ, Tunué e Newton Compton. Il suo ultimo romanzo è La Stanza di Therese (Tunué, 2017), mentre per Edizioni Tlon è uscito il suo saggio filosofico L’assurda evidenza (2022). Le sue ultime pubblicazioni sono la graphic novel Sunyata per Eris edizioni (2023) e il saggio La rivoluzione algoritmica delle immagini per Sossella editore (2024). Direttore editoriale della rivista culturale L’Indiscreto, scrive e disegna per varie riviste, italiane ed estere. È professore di Filosofia presso l’istituto Lorenzo de’ Medici (Firenze) e di Illustrazione e Tecniche plastiche contemporanee presso LABA (Brescia).

Ma cosa accade se togliamo ai manifesti il loro contenuto? Se lasciamo solo le loro forme che persuadono? È possibile usare l’Intelligenza Artificiale non per generare slogan, ma per rivelare e smontare i meccanismi che li rendono efficaci? In un’epoca di diffidenza tecnologica, la collezione di 280 manifesti politici generati con l’IA propone un’indagine visiva radicale, un vaccino contro il pathos e una riflessione sull’uso dell’IA nel campo artistico. Ecco come.

L’indagine di AI Manifesta

Il titolo stesso del progetto è già una dichiarazione di intenti: alla base di AI Manifesta del filosofo Francesco D’Isa e dell’artista Chiara Moresco, c’è una scelta filosofica e artistica ben precisa: utilizzare l’intelligenza Artificiale come una lente che manifesta, ossia rende visibili, i pattern ricorrenti della propaganda politica. Un’indagine che ha portato, nel giro di un anno, all’individuazione di sei categorie o strutture persuasive del messaggio politico: le mani, i volti, le scritte, i fiori, la guerra e le bandiere. A partire da una selezione di 100 manifesti storici della Fondazione Gramsci, recentemente digitalizzati1, e attraverso un’IA generativa, sono state realizzate 280 immagini che sembrano “vere”, ma non lo sono: rimandano a qualcosa di noto, ma non dicono nulla. Sin dagli esordi dell’IA generativa, Francesco D’Isa è rimasto, infatti, affascinato da una sua particolare capacità: generare forme ambigue, indefinibili, eppure stranamente familiari.

«All’inizio», racconta, «le AI creavano immagini che non riuscivi a nominare, ma sentivi che erano “qualcosa”. Una stanza piena di oggetti che non sapevi dire quali fossero».

Quell’ambiguità, tra forma e contenuto, oggi sempre più raffinata ma ancora presente, è diventata, in AI Manifesta, parte di come è stato possibile mostrare ciò che veicola l’emozione prima ancora del significato, ossia la componente più viscerale della retorica intesa come l’arte del discorso persuasivo: il pathos.

L’ossatura dei discorsi codificata da Aristotele ne La Retorica è, infatti, ancora oggi operativa nei manifesti, ma non solo. Con un diverso medium, anche i meme politici o i caroselli Instagram sfruttano gli stessi meccanismi: costruzione di credibilità (ethos), impatto emotivo (pathos), logica e testi semplificati (logos)2.

Alcuni dei manifesti del prgetto AI Manifesta di Francesco D’Isa e Chiara Moresco. A cura di Sineglossa e Fondazione Gramsci, presso Via Zaccherini Alvisi 11/2, Bologna. Tutti i diritti riservati. Riprodotte con il consenso di autori e autrici.

«Dalla nostra indagine è emerso che nei manifesti, dagli anni ‘50 ad oggi», continua D’Isa «ci sono spesso figure umane ritratte in stati di forte intensità emotiva: corpi in tensione, pugni, gesti drammatici, oppure oggetti dal forte potenziale simbolico, come i fiori».

«Elementi aperti all’interpretazione che evocano significati molteplici ma comunque potenti nella loro presenza iconica. A tutto ciò si aggiunge anche la struttura compositiva dell’immagine, spesso costruita secondo principi gestaltici». Lo sguardo è guidato dalle aree di contrasto cromatico e formale, che lo conducono lungo la superficie dell’immagine fino a un punto focale che solitamente è una frase o un breve testo.

I manifesti come “vaccino visivo

Il segno più potente che lascia AI Manifesta è l’equivoco. Chi passa davanti ai manifesti, raccontano D’Isa e Moresco, spesso crede di trovarsi di fronte a una vera e propria campagna politica.

«Mi aspetto, nel senso positivo, che i manifesti interessino il pubblico e che le persone ci caschino», dice, non a caso, D’Isa.

«Per poi capire che sono manifesti senza senso e si interroghino, allora, sul perché sono stati costruiti così», sul perché ne sono stati attratti. «Già mentre stavamo lavorando per attaccarli, un signore anziano ci ha chiesto cosa stessimo facendo. Era colpito dal contrasto tra i colori e l’ambiente urbano. Era qualcosa di nuovo, che spiccava. E questo interesse spontaneo è già un risultato» racconta Moresco.

Chiara Moresco

Dopo il conseguimento del secondo diploma accademico alla LABA di Brescia nel 2025, prosegue la sua formazione attraverso collaborazioni di natura artistica ed editoriale. Parallelamente sviluppa la sua ricerca artistica incentrata sulle relazioni del corpo con i concetti di identità, comunicazione e relazione con l’altro. Moresco adotta un approccio visivo preciso e multiforme, attraverso variazioni del linguaggio, che spazia dalle installazioni ai video, dalla scultura alla scrittura.

Il colore stesso dei manifesti è, in effetti, trasversale a tutti i pattern individuati e, pur non essendo una categoria a sé stante, è indispensabile per far emergere con forza le immagini. Il rosso acceso, i fondali monocromi, le geometrie nette: tutto concorre a un “effetto déjà-vu” che aggira la razionalità, agisce sotto la soglia della consapevolezza e attiva quello che D’Isa e Moresco definiscono l’“inconscio visivo collettivo”. Non a caso, i manifesti dell’opera più interessanti sono quelli che più di tutti svelano la dinamica del pathos, «quelli con le scritte illeggibili» spiega Moresco «perché l’occhio, nel guardarli, segue il movimento compositivo di un vero manifesto e una volta arrivato al centro semantico previsto, trova il vuoto».

È proprio in questo modo che si può addestrare lo sguardo a individuare le formule persuasive per disinnescarle. «Esporre il pubblico a una versione attenuata di un argomento persuasivo, insieme alla spiegazione del trucco retorico, provoca un micro-conflitto cognitivo che riduce l’adesione a successivi messaggi fino a diverse settimane dopo l’esposizione» spiega D’Isa, riferendosi agli studi sull’inoculazione psicologica3. Quando lo spettatore incontrerà di nuovo lo stesso cliché visivo, sarà proprio quel senso latente di riconoscimento a innescare un’allerta interiore: il pensiero critico si attiverà prima che il pathos riesca a colpire.

In questo senso, comprendere i meccanismi della retorica non serve solo a smascherare i messaggi ostili, ma anche a preservare uno spazio critico verso quelli che ci sono familiari.

AI Manifesta di Francesco D’Isa e Chiara Moresco. A cura di Sineglossa e Fondazione Gramsci, presso Via Zaccherini Alvisi 11/2, Bologna. Foto di Margherita Caprilli. Tutti i diritti riservati. Riprodotta con il consenso dell’autrice.

Il valore politico dell’uso dell’IA

«Il nostro sogno era di diffonderli per tutta Bologna», confessa Moresco perché AI Manifesta, in effetti,non è solo un’esposizione ma è anche un gesto di riappropriazione, che restituisce visibilità a un patrimonio iconografico spesso relegato negli archivi e propone un uso dell’IA con un fine sociale ben definito.

In un contesto dove ogni progetto basato su IA generativa genera reazioni polarizzate, tra chi ci intravede una nuova forma di democratizzazione e chi teme l’ennesima espropriazione capitalistica, l’opera di Francesco D’Isa e Chiara Moresco non è solamente un semplice esperimento estetico ma prende una posizione precisa attraverso la pratica artistica stessa.

La tecnica viene utilizzata secondo un uso “altro” attraverso cui sottrarsi alla logica della performance e dell’automazione cieca, orientando la forza produttiva dell’algoritmo verso fini di consapevolezza, di interrogazione e di risignificazione. Questo perché non è la macchina a determinare la subordinazione, ma è la “regia politica ed economica” che ne incamera i profitti4 e ne influenza l’impiego.

D’Isa lo dice chiaramente: preferisce un «atteggiamento propositivo», volto a mostrare cosa si può fare con l’AI, bilanciando l’eccesso di analisi catastrofiste che spesso soffocano ogni possibilità di un impiego consapevole. È un modo per sfuggire alla paralisi del media panic: quella reazione ricorrente che, ogni volta che emerge un nuovo mezzo tecnologico, si affretta ad accusarlo di corrompere i giovani, distruggere posti di lavoro e sovvertire la verità5.

 

  1. Manifestipolitici.it è un progetto ideato e promosso dalla Fondazione Gramsci Emilia-Romagna per consentire la consultazione e lo studio di documenti cartacei prodotti per servire un evento e non durare nel tempo. ↩︎
  2. Wang, M., Chang, W., Kuo, K., & Tsai, K. (2023). Analyzing image-based political propaganda in referendum campaigns: from elements to strategies. EPJ Data Science, 12(1). https://doi.org/10.1140/epjds/s13688-023-00407-4 ↩︎
  3. Roozenbeek, J., Van Der Linden, S., Goldberg, B., Rathje, S., & Lewandowsky, S. (2022). Psychological inoculation improves resilience against misinformation on social media. Science Advances, 8(34). https://doi.org/10.1126/sciadv.abo6254 ↩︎
  4. D’Isa, F. (s.d.). Chi controlla la macchina. The Bunker. https://www.the-bunker.it/chi-controlla-la-macchina/ ↩︎
  5. ibidem. ↩︎

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