
Cosa si cela dietro la figura della strega? È un simbolo di paura o di potere? Una superstizione arcaica o una forma di dissenso? A queste domande si intrecciano le voci di pensatrici, attiviste e praticanti contemporanee, come Daze Aghaji ed Emma Kathryn, che, partendo da pratiche spirituali incarnate, offrono una visione politica e immaginativa della strega come figura di resistenza radicale e cura rivoluzionaria del pianeta Terra.
«Quando proteggo la Terra, non lo faccio solo perché è urgente. Lo faccio perché la amo. Perché la sento come la mia migliore amica». Daze Aghaji, attivista e artista rituale, non esita a definirsi una strega. Nata nel Delta del Niger, intreccia spiritualità cristiana, pratiche animiste e giustizia ecologica. La sua stregoneria non ha nulla a che fare con stereotipi da fiction: è visione, politica e relazione. Anche per Emma Kathryn, scrittrice anglo-caraibica e strega animista, il cuore della pratica è intimo e radicale: «Una sfida che nasce dall’affermare pubblicamente: “questo è chi e cosa sono”». Eppure, questa figura che oggi torna a essere simbolo di forza e libertà, ha attraversato la storia come bersaglio.
Perché oggi tante donne, attiviste ambientali e artiste, la rivendicano? E perché, ancora oggi, continua a fare paura?
Daze Aghaji
Daze Aghaji è un’attivista ambientalista britannica. Fa parte del movimento ecologista Extinction rebellion. Nel 2019 si è candidata al Parlamento europeo con la lista Climate and ecological emergency. Il suo obiettivo è colmare il divario tra arte e ambiente, promuovendo un maggiore senso di connessione e responsabilità nei confronti del pianeta. Daze ha collaborato con numerose organizzazioni benefiche, istituzioni e governi di primo piano per promuovere un cambiamento radicale del sistema attraverso l’impegno politico dei giovani, le culture rigenerative, la giustizia sociale e l’internazionalità. Attualmente è co-founder di absurd intelligence, un laboratorio di scrittura su democrazia, cultura e ambiente ed è co-founder di Had Art un collettivo di artisti da tutto il mondo.
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La strega come dispositivo di controllo
La strega non è solo una figura folkloristica o storica o “colei che pratica magia”. È un archetipo vivo, che si riattiva ogni volta che una donna, o chiunque scelga quella via, rifiuta di aderire ai codici dominanti del potere, del sapere e della produzione. «Essere una strega significa entrare in un lignaggio di ribellione, di guarigione e di intuizione», afferma Daze Aghaji, «un modo per allinearsi con tutta la storia che porta con sé: resistere al dominio, soprattutto ai sistemi patriarcali e coloniali che hanno cercato di cancellare modi alternativi di conoscere». Per capire chi è oggi la strega, infatti, bisogna partire da una consapevolezza fondamentale: la sua figura è complessa, stratificata nel tempo e impossibile da rinchiudere in una sola definizione. Attraverso una lente storica, la strega appare come una figura ambivalente: da un lato demonizzata come portatrice di caos, dall’altro custode di un sapere altro, legato alla Terra, ai cicli naturali e alla comunità. «Le streghe sono state spesso ritratte come figure oscure e malefiche, ma in realtà erano donne che possedevano forme di conoscenza alternative, che sostenevano le loro comunità e che si ribellavano alle norme della società», racconta Daze.
«Questa resistenza, questo rifiuto di conformarsi a ciò che ci si aspettava dalle donne all’epoca, le rendeva pericolose agli occhi dell’establishment».
L’antropologo inglese Gregory Forth parla, non a caso, di un’«immagine universale della strega», costruita su simboli di inversione: colei che fa il contrario del giusto e che trasgredisce l’ordine simbolico e biologico1. Secondo la filosofa Federici, nel passaggio dal feudalesimo al capitalismo, la strega è diventata così “ciò che attentava” a quell’ordine nascente. Il corpo femminile meccanizzato e messo al servizio della riproduzione e della forza-lavoro doveva essere disciplinato. «La caccia alle streghe» scrive Federici «[…ha] distrutto i metodi che le donne possedevano per controllare la procreazione, denunciandoli come strumenti diabolici e istituzionalizzando il controllo dello stato sul corpo femminile»2.
Dalle isole dell’Indonesia ai villaggi della Cina rurale, le accuse di stregoneria servivano a placare le tensioni collettive, a spiegare l’inaspettato, colpendo chi stava ai margini, chi era povera, anziana, sessualmente autonoma, o semplicemente diversa3.
La Terra come essere vivente
«Per la maggior parte delle persone, la stregoneria è ciò che vedono nei film, in TV o nei libri: pura fantasia» afferma Kathryne quando, in realtà, spiega, è un modo per rifiutare la narrazione dominante del mondo e per ricostruire, attraverso il rito, la parola e il corpo, un nuovo modo di abitare la realtà. Un modo che non separi più la Terra dallo spirito, né la spiritualità dalla politica.
«Essendo un’animista», continua Kathryn, «vedo l’intero mondo naturale come vivo, con uno spirito più o meno simile al nostro, lavoro con gli spiriti del luogo ma anche con gli spiriti dei miei antenati e questo aspetto è molto importante nella mia pratica di stregoneria e nel modo in cui mi identifico come strega: un’alleata della natura e della Terra».
«Cerco di passare del tempo all’aperto ogni giorno, e ho la fortuna di avere un grande giardino con alberi maturi e molte piante». Lì medita, si radica e ascolta, onora gli antenati ogni giorno «sia che si tratti di accendere una candela e lasciare offerte, sia che si tratti di fare una petizione per chiedere aiuto». La stregoneria, per lei, è una pratica stratificata fatta di azioni simboliche ma anche molto concrete: scegliere strumenti nei mercatini dell’usato, raccogliere erbe in modo responsabile, conoscere la terra che si abita e rispettarne la biodiversità. «Non tutto deve essere magico e mistico, anche se mi piace pensare che il magico e il mondano siano strati su strati». Difendere la Terra significa anche sporcarsi le mani: raccogliere i rifiuti da un sentiero, opporsi a un progetto edilizio distruttivo o coltivare un angolo di verde urbano.
Questo legame personale con il vivente è centrale anche per Daze Aghaji, per la quale la strega rappresenta «la convinzione che nel mondo ci sia di più di quello che possiamo vedere».

Emma Kathryn è una scrittrice, artista rituale e strega animista anglo-caraibica. La sua pratica intreccia spiritualità, attivismo ecologico e tradizioni erboristiche, con un forte radicamento nel rapporto con la Terra e con gli antenati. Attraverso la scrittura, l’insegnamento e il rituale, esplora la stregoneria come atto quotidiano di cura, resistenza e immaginazione. Tra i libri pubblicati “Season Songs” (Llewellyn Publications, 2023), “Witch Life” (Llewellyn Publications, 2022) e “Reclaiming Ourselves” (God and Radicals Press, 2020).
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E per la quale, soprattutto, la Terra non è un oggetto: è un “essere amato”. «Molti dei rituali che eseguo o a cui partecipo sono inviti, inviti al più-che-umano a entrare in relazione con me. Che si tratti di allestire il mio altare e di assicurarmi che tutti gli elementi siano presenti – terra, aria, fuoco, acqua – o semplicemente di ascoltare in silenzio il vento o gli alberi, sto sempre costruendo relazioni con l’invisibile».
Questo rapporto profondo con la natura non è solo frutto di una scelta individuale, ma affonda le sue radici in una tradizione spirituale antica. «La mia famiglia proviene dal Delta del Niger», racconta Daze, «e all’interno di quella regione esiste una tradizione spirituale che è stata spesso etichettata come stregoneria attraverso una lente moderna e occidentale. Ma io la vedo in modo molto diverso: come un sistema di fede indigeno, profondamente radicato nel rapporto con la Terra». Uno degli archetipi centrali di questa tradizione è Aja o Ala4: dea della Terra, madre della creazione, della fertilità e della creatività. Non una semplice figura mitica, ma l’incarnazione stessa della Terra come essere vivo e sacro. «E quando si vede la Terra come sacra, il senso di responsabilità si trasforma. Diventa un dovere, un impegno spirituale, emotivo ed etico, proteggerla».
Il rituale e l’arte come pratiche magiche
«Il rituale è ciò che mi tiene ancorata a Terra», afferma Daze. «C’è qualcosa di profondamente bello nella ripetizione di un’azione, nel fare la stessa cosa più volte, come momento di bilancio, di ricordo e di ancoraggio». Nel cuore della stregoneria contemporanea, il rituale è così una forma che ospita visione, lentezza e relazione: un atto che sottrae tempo all’economia e lo restituisce alla cura, «creando uno spazio sacro per essere semplicemente, per sentire e ascoltare», spiega Daze. «E questo è radicalmente controculturale». Di riti, poi, ce ne sono molti. Per Kathryn, ad esempio, che pratica l’Obeah5 e il Vodou6, c’è il rituale che si associa al camminare nel cerchio “deosil” (in senso orario) per costruire e per innalzare le energie “positive”; o in quello “Widdershins” (in senso antiorario), contrario al moto del Sole, usato per bandire. Per Daze una delle pratiche a cui tiene di più è «seguire i cicli lunari perché mi aiuta a connettermi profondamente con il mio corpo, in particolare con il mio ciclo ormonale, che è sincronizzato con la luna piena e mi fa sentire parte di qualcosa di più grande».
Il rituale non è solo atto spirituale o ecologico, ma anche una forma d’arte. È un processo che dà forma all’invisibile e che apre uno spazio sacro in cui poter sognare.
«C’è qualcosa di intrinsecamente artistico nel rituale», spiega Daze. «Si crea un processo, una struttura, un contenitore sacro attraverso il quale esplorare o connettersi. Rispecchia il processo artistico in molti modi: richiede intenzione, fiducia e creatività».
In particolare, i rituali di manifestazione7 sono per lei atti profondamente creativi: «Non si sta solo sperando, si sta immaginando e dando forma al mondo in cui si desidera. Si diventa così allo stesso tempo artisti e testimoni, sognatori e agitatori». La creazione è allora una forma di potere personale e un modo per riappropriarsi della capacità di cambiare le cose. «Molte delle crisi politiche che affrontiamo oggi sono riconducibili alla sensazione che le persone hanno di non poter plasmare più il mondo che le circonda. Quando si crea qualcosa, invece, che sia un dipinto, un incantesimo, una canzone, una storia, si partecipa attivamente all’atto del fare».
Anche per Emma Kathryn, la creatività è una forza vitale, non solo come espressione di sé, ma come dialogo con il mondo invisibile e fonte d’ispirazione. «Sono una scrittrice e quindi la creatività fa naturalmente parte della mia pratica, sia che si tratti di creare incantesimi, evocazioni e invocazioni, ma anche di scrivere come forma di divinazione. Tengo un corso di scrittura occulta in cui utilizziamo diverse tecniche per ispirare e sviluppare nuovi scritti. Anche la musica può aiutare a entrare nella giusta mentalità e ad attingere alle emozioni in modo incredibilmente potente». In questo senso, anche il canto e la cantilena diventano strumenti di invocazione, non solo di spiriti o divinità, ma anche degli spiriti delle piante e delle forze della natura.
Contro l’ordine costituito
«La strega è una minaccia per il capitalismo patriarcale», racconta Daze, «perché non ne segue le regole. Opera per cicli, non per linee rette di estrazione. Ricorda ciò che il sistema vuole farci dimenticare: che non siamo separati, e che il potere non deve significare dominio». In un tempo dominato da iper-mascolinità tossica, dalla violenza della velocità e dall’estrazione costante di risorse, emozioni e tempo, la strega rappresenta un’alternativa radicale perché porta con sé la lentezza, la cura e l’invisibile. «Ci sono molte profezie indigene che parlano di questo squilibrio e della necessità di tornare all’armonia», ricorda Daze. «Una che risuona con me è la Profezia dell’Aquila e del Condor8». L’Aquila, simbolo dell’intelletto, dell’espansione, dell’energia maschile; il Condor, che rappresenta il cuore, la Terra, l’intuizione. Per secoli, dice la profezia, l’Aquila avrebbe dominato. Ma un giorno i due uccelli avrebbero ricominciato a volare insieme. «Credo che ora stiamo vivendo in quell’epoca», dice Daze.
«L’ascesa della strega, il ritorno della saggezza femminile, la rinascita della conoscenza indigena e la richiesta di riconnessione con la Terra sono tutti segni di questo cambiamento. E credo sinceramente che chiunque possa essere una strega, indipendentemente dalla fede che pratica o meno».
«Che siate religiosi, spirituali, agnostici o atei, la stregoneria può comunque essere un percorso di recupero del potere, di costruzione di relazioni e di onore per l’invisibile». Anche Emma Kathryn ne è convinta. «Penso che l’atto di reclamare ciò che significa essere una strega, o di rimanere orgogliosamente fermi nella propria pratica, sia un atto di resistenza». Le capita spesso di incontrare lo scherno o la derisione. Ma, dice, è perché la stregoneria fa paura. «Ciò che viene ridicolizzato dal patriarcato», spiega, «è spesso ciò che ha più potere».
La strega, ribelle per eccellenza, oggi, non è solo potente ma è necessaria perché in un mondo che separa il corpo dalla Terra, lo spirito dalla materia, il sacro dalla quotidianità, tiene insieme, ricuce e ricorda. E nel farlo, traccia sentieri nuovi, antichi e futuri al tempo stesso.
- Per approfondire: Forth, G. (2024, November 25). The universal belief in witches reveals our deepest fears | Aeon Essays. Aeon. https://aeon.co/essays/the-universal-belief-in-witches-reveals-our-deepest-fears ↩︎
- Federici, S. (2020). Calibano e la strega: Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria. Mimesis. In questo saggio la filosofa rilegge il fenomeno della caccia alle streghe, secondo il materialismo storico: la teoria di Marx ed Engels nella prima fase della loro collaborazione, per cui l’economia di una società ne determina le istituzioni politiche, la cultura e le idee. Per Federici, durante il passaggio verso il capitalismo non solo la Terra è stata recintata ed espropriata ma l’utero stesso, spazio simbolico e concreto della creazione, è stato separato dalla soggettività della donna e trasformato in macchina riproduttiva, bene funzionale all’economia nascente. ↩︎
- Per approfondire: Forth, G. (2024, November 25). The universal belief in witches reveals our deepest fears | Aeon Essays. Aeon. https://aeon.co/essays/the-universal-belief-in-witches-reveals-our-deepest-fears ↩︎
- Per conoscere meglio la dea della Terra: Okorie, A. M. (1995). Ala-Umuokoroala: The divinity of an African Igbo village. https://jbasr.com/basr/diskus/diskus1-6/OKORIE.TXT ↩︎
- L’Obeah è un termine usato per descrivere pratiche magiche e religiose originarie dell’Africa centrale e occidentale, diffuse in alcune aree dei Caraibi, come Giamaica, Trinidad, Tobago e Belize. È spesso associato al Voodoo e ad altre tradizioni religiose afroamericane, condividendo con esse elementi e origini comuni. Per approfondire: Bell, H. H. J. (1889). Obeah, Witchcraft in the West Indies by Hesketh J. Bell. ↩︎
- Il vudù, o vodù, è una religione sincretica di origine africana, particolarmente praticata ad Haiti e in altre aree della diaspora africana. Si caratterizza per la sua complessa interazione con spiriti, chiamati loa, che vengono serviti e venerati attraverso riti, sacrifici e danze. Il termine “vudù” deriva dalla parola fon “vodu”, che significa “spirito” o “divinità”. Cfr. https://www.treccani.it/enciclopedia/vudu/ ↩︎
- Una pratica che mira a trasformare i desideri in realtà attraverso l’uso di pensieri, emozioni e azioni focalizzati. ↩︎
- Per saperne di più: Tindall, R. (2013, November 27). Unraveling some strands: Seeking the origin of the prophecy of the Eagle and Condor | Reality Sandwich. Reality Sandwich. https://realitysandwich.com/prophecy_eagle_and_condor/ ↩︎