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Intervista

L’arte che genera energia rinnovabile

Il mare al centro della prossima Land Art Generator Initiative

Josephine Condemi
una storia scritta da
Josephine Condemi
 
 
L’arte che genera energia rinnovabile

Le correnti, le onde, le maree, gli sbalzi termici tra la superficie e le profondità: ci sono potenzialmente molti modi per convertire l’energia marina in elettricità. Tuttavia, alle difficoltà di progettazione degli impianti di energia rinnovabile spesso si uniscono considerazioni critiche sul loro impatto ambientale, che comprende sia gli altri esseri viventi che il paesaggio abitato dagli umani. «Abbiamo pensato: perché non coinvolgere gruppi creativi e interdisciplinari per trasformare gli impianti in opere d’arte che diventino attrazioni?». Robert Ferry ha fondato nel 2009 insieme a Elisabeth Monoian la Land Art Generator Initiative, un’organizzazione noprofit sulla progettazione sostenibile che oggi è tra le più seguite al mondo. La prossima Open Call Competition, che verrà annunciata a settembre e inizierà a gennaio 2025, sarà finalizzata alla prototipazione diretta e la costruzione di progetti di arte ed energia rinnovabile su un importante sito costiero. Li abbiamo incontrati.

La storia della LAGI inizia a Dubai nel 2008. Perché avete deciso di trasferirvi lì?

RF: Elizabeth e io ci eravamo conosciuti due anni prima, a Pittsburgh (USA), ci siamo sposati nel 2008 e abbiamo deciso di andare negli Emirati Arabi Uniti per iniziare la nostra vita insieme. Elizabeth ha trovato lavoro come insegnante di design artistico in un’università e io mi sono occupato di progetti architettonici, in particolare di Masdar City, che all’epoca era un ambizioso progetto di sviluppo a impatto zero. Una volta arrivati, siamo stati felici di scoprire che lì esiste una ricca tradizione artistica nel paesaggio, che c’è un abbondante potenziale di energia rinnovabile, soprattutto solare, e dei progetti di sviluppo estremamente ambiziosi. Volevamo unire tutti questi elementi per affrontare quello che consideravamo un problema globale urgente della transizione verso le energie rinnovabili: il loro impatto estetico. In tutto il mondo le comunità si oppongono all’approvazione di questi progetti a causa delle loro implicazioni sul territorio e sulla visuale del paesaggio. Abbiamo quindi voluto proporre un’alternativa e abbiamo pensato:

Perché anche i paesaggi energetici non possono attirare le persone nei luoghi? Possiamo celebrarli e creare bellissime costruzioni che le generazioni future potranno visitare, per tornare a quello che potrebbe essere il momento più importante della storia umana, quando ci siamo salvati dall’orlo della nostra stessa distruzione.

Forse è un po’ troppo pomposo, ma è quello che avevamo in mente.

Robert Ferry ed Elizabeth Monoian sono i co-direttori fondatori del Land Art Generator. Ferry è un architetto professionista che si occupa di progettazione e gestione di progetti di nuovi insediamenti urbanistici sostenibili. Elisabeth Monoian ha insegnato Art e Design in diverse università di Dubai. Entrambi sono laureati alla Carnegie Mellon University. Il LAGI ha ricevuto diverse sovvenzioni dal National Endowment for the Arts ed è stato premiato con il J.M.K. Innovation Prize, un programma del J.M. Kaplan Fund. Tra le loro pubblicazioni: “Regenerative Infrastructures” (Prestel Publishing), “The Time is Now: Public Art of the Sustainable City” (Page One Publishing), “New Energies” (Prestel Publishing), “Powering Places: LAGI Santa Monica” (Prestel Publishing), “Energy Overlays” (Hirmer Publishing), “Return to the Source” (Prestel Publishing), and “A Field Guide to Renewable Energy Technologies”.

Una delle attività più importanti del LAGI sono le Open Call Competition: come funzionano?

EM: L’invito a fare una call può arrivare da qualsiasi città del mondo. Una volta ricevuto, lavoriamo a stretto contatto con i partner locali di quella città: governo, varie comunità, gruppi e organizzazioni artistiche, università, per stabilire insieme il miglior sito di intervento. Sviluppiamo un brief di progettazione che risponda realmente alle esigenze dei gruppi locali: c’è sempre la richiesta di lavorare con le energie rinnovabili e altri sistemi sostenibili in modi creativi, ma ci sono anche altri elementi che entrano in gioco a seconda del sito e della cultura del posto. Lanciamo quindi la call gratuita, aperta su scala globale e veramente interdisciplinare: lo scenario ideale è quando artisti, ingegneri, scienziati, paesaggisti e architetti lavorano insieme. Ma naturalmente anche i singoli possono partecipare. Quando il concorso si chiude, c’è un comitato di giuria locale e internazionale di selezione dei progetti migliori che vengono valutati in forma completamente anonima. Al termine, pubblichiamo i migliori contributi e i saggi sull’intero processo in volumi con una distribuzione globale.

Speriamo di spostare il dibattito pubblico dalla cupezza e dalla sventura a un’aspirazione e a un desiderio ottimistico di progettare e desiderare un mondo migliore, e di agire per contribuire a renderlo possibile.

Coinvolgendo le persone in questo meraviglioso esercizio, non solo attraverso l’immaginazione ma anche il lavoro per rendere queste idee reali, possiamo prendere il controllo del nostro futuro e ispirare davvero.

I progetti vincitori del concorso ricevono un invito alla costruzione oppure no?

EM: Ci stiamo muovendo in questa direzione. Abbiamo sempre avuto un premio in denaro molto consistente e siamo molto felici di poter dire che la maggior parte dei progetti presentati ad Abu Dhabi nel 2019 è in via di costruzione a Houston, in Texas, negli Stati Uniti. È molto emozionante. La call del 2020 prevedeva un premio in denaro per la prototipazione e la costruzione del progetto vincitore e sarà lo stesso nel 2025.

Dal 2010 come è cambiato il mondo delle rinnovabili e come è cambiata la vostra organizzazione?

RF: Ci stiamo avvicinando alla fine del nostro secondo decennio di attività: è un bel traguardo di sopravvivenza, anche perché ci sono stati molti progressi nella scienza della tecnologia delle energie rinnovabili e la loro diffusione ha aiutato la curva dei costi a scendere drasticamente. Continuiamo a raccogliere e monitorare i cambiamenti del settore nella “Field Guide to Renewable Energy Technologies”: naturalmente, molte delle aziende interessanti della prima edizione sono fallite, perché è un mercato difficile per le tecnologie all’avanguardia, ma c’è sempre qualcosa di nuovo e interessante. Siamo entusiasti della tecnologia fotovoltaica integrata negli edifici: ora che il prezzo del solare è diventato un dollaro al watt, c’è spazio per iniziare a coinvolgere le comunità. Negli ultimi anni ci sono stati dei passi davvero positivi per quanto riguarda l’incentivazione delle energie rinnovabili contemporaneamente al picco della domanda di combustibili fossili. Abbiamo ancora molto lavoro da fare. Ma siamo ottimisti e siamo entusiasti di vivere in questo momento storico e di poter contribuire a ispirare le persone a spingere e a far progredire ulteriormente questo processo.

L’ultima open call dedicata al mare è stata nel 2016, a Santa Monica. Cosa ricordate?

RF: Da quel concorso sono nati progetti come “The Pipe” un impianto di desalinizzazione elettromagnetica rivestito di splendidi pannelli solari: un progetto interessante perché riusciva a gestire la salamoia di scarto del processo di desalinizzazione, creando un beneficio pubblico da questo prodotto, che ora è visto solo come un inquinante, e riducendo l’impatto sull’ambiente marino. Sono queste le idee innovative e creative che i team continuano a proporre. Ogni anno abbiamo avuto opere d’arte sull’energia delle onde e delle maree. Siamo davvero entusiasti di vedere come continuerà.

Una serie di immagini rappresentanti alcuni dei progetti, in ordine: (immagine 1) “The Pipe”, di Khalili Engineers, 2016; (immagine 2) “Catching the Wave”, di Christina Vannelli, Liz Davidson, Matthew Madigan, 2016; (immagine 3) “Beyond the Wave”, di Jaesik Lim, Ahyoung Lee, Sunpil Choi, Dohyoung Kim, Hoeyoung Jung, Jaeyeol Kim, Hansaem Kim. 2014; (immagine 4) “Arch of Time”, di Riccardo Mariano, 2019; (immagine 5) “Nest”, di Robert Flottemesch, 2019; (immagine 6) “Solar Eco System”, di Antonio Maccà, 2010; (immagine 7) “Girasoli”, di Antonio Maccà, 2022; (immagine 8) “The Solar Hourglass”, di Santiago Muros Cortés, 2014. Tutti i diritti riservati. Riprodotte con il consenso di autori e autrici.

Cosa avete imparato in questi quindici anni?

EM: La lezione più importante è la capacità di innovazione degli esseri umani. I team di progettazione amano le sfide, amano immergersi e dare il meglio di sé. Ogni volta che chiudiamo un concorso, mi vengono le lacrime perché è così commovente vedere il grande lavoro di chi ha progettato, come dei professori che hanno spinto i loro studenti a partecipare, e vedere che le persone di tutto il mondo vogliono risolvere i problemi peggiori. E questa è la lezione quotidiana: le persone sono straordinarie. Non possiamo farcela senza gli esseri umani.

RF: Ci addolora vedere che le persone di tutto il mondo vogliono risolvere i grandi problemi, e ci addolora vedere viceversa che le persone che perdono speranza nella comunità umana. Vorremmo che tutti potessero vivere l’esperienza appena descritta da Elizabeth, di essere pieni di ottimismo per il futuro: vedere le giovani generazioni impegnate in questa attività è davvero stimolante. E credo che dal 2008 la nostra prospettiva sia stata originariamente un po’ tecnoottimista sul fatto che possiamo farcela, perché il cambiamento climatico non è un problema tecnologico, è un problema sociale, che si può risolvere con un sano mix tra l’ottimismo tecnologico e le soluzioni ingegneristiche e l’apprendimento dalle culture indigene a bassa emissione di carbonio. Non si tratta di uno o dell’altro: dobbiamo allo stesso tempo sia ridurre la nostra impronta di carbonio e modificare il nostro stile di vita sia puntare sulla tecnologia che sostituisca le nostre attuali fonti di energia fossile. Ci sentiamo frustrati dal dibattito binario su queste due cose, perché in realtà devono essere entrambe.

 

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