Cosa abbiamo fatto ai nostri Mangrovia Days
Un collage design collettivo per discutere del presente e del futuro di questo progetto editoriale
Cosa è successo in questi primi mesi di Mangrovia? Qual è il rapporto tra i numeri e le nostre aspettative? Cosa ci rende più felici e in cosa possiamo migliorare? Per rispondere a queste domande, ci siamo incontratɜ di persona gli scorsi 16 e 17 luglio: ecco com’è andata
Scompaginare per ricostruire in modo nuovo, inaspettato, insieme: il progetto editoriale Mangrovia è nato per favorire l’emergere di proposte e soluzioni ai principali problemi del nostro tempo (primo fra tutti il cambiamento climatico) attraverso il racconto e la diffusione di altre storie che intrecciano saperi e rompono pregiudizi. Non dispensiamo certezze né catastrofismi ma cerchiamo di allargare lo spazio del possibile attraverso una ricerca appassionata e verificabile di cui ci assumiamo la responsabilità. È un metodo che utilizziamo nelle relazioni al nostro interno, prima di proporlo a te che leggi queste righe o ascolti Zenit. E lo abbiamo usato anche ai nostri Mangrovia Days del 16 e 17 luglio, in cui ci siamo riuniti, per la prima volta fisicamente, nel Creative Ground di Sineglossa, l’organizzazione culturale da cui è nato il progetto.
Il collage design thinking
Per questi due giorni, Sineglossa ha progettato un workshop di design thinking, che è quella metodologia di problem solving che si sviluppa tramite un processo incentrato sulla persona e sulla risoluzione di problemi complessi, e che può essere applicata a diversi scenari, dall’ideazione di una startup alla ridefinizione dei processi aziendali, fino alla creazione di un prodotto o servizio.
Ripartire da sé: per capire come chi lavora in Mangrovia vede l’intero progetto editoriale, nella prima parte del workshop1 dedicata alla percezione e alle aspettative interne, siamo ripartiti dai collage creati da Eleonora Rossi, che non a caso rappresentano l’identità grafica del progetto. Questi collage sono stati proposti da Sineglossa come strumento creativo in un vero e proprio processo di collage design thinking.
Data una selezione di tre collage, ogni partecipante al laboratorio ha avuto il compito di ritagliarne un elemento che, nella propria percezione, potesse rappresentare un valore del progetto, che ha poi condiviso con il resto del team.
Dagli elementi ritagliati sono iniziate le prime scoperte: c’è chi vede Mangrovia come uno strumento musicale, che genera bellezza e armonia solo se ci sono impegno e costanza nello studio; c’è chi si è focalizzato sulla strada, sia intesa come terreno di cammino che come direzione nelle soluzioni proposte; c’è chi pensa a Mangrovia come a un vortice d’acqua, che scorre fluido e genera movimento, ma che potrebbe anche diventare incontrollabile, «e allora serve una redazione che sappia nuotare nella fluidità, seguire il vortice senza lasciarsi travolgere». La metafora sonora è tornata più volte, sotto varie vesti, sia nella forma della “voce della biodiversità”, ma anche nel dubbio “siamo più grammofono o flicorno?”.
Come se, forse, il fatto che Mangrovia sia anche un podcast e non solo un testo letto su schermo renda l’intero progetto un essere vivente, un organismo tangibile, un corpo con una sua voce.
Scompaginare per ricomporre: pezzi di collage alla mano, a tutto il gruppo è stato dato il compito di unirli, per costruire insieme un nuovo collage che emergesse dai valori individuati dalle singole anime del progetto.
Un nuovo collage esteticamente convincente, quindi bello, ma anche significativo. Qui c’è stata la seconda sorpresa: insieme, attorno a un tavolo, l’assemblaggio è risultato quasi naturale, con un minimo scambio di opinioni sui fondamentali. Ci è stato quindi chiesto di autovalutare il processo: è stato semplice individuare il messaggio centrale del collage? Come siete arrivat3 a una soluzione condivisa? C’è stato accordo tra le vostre voci?
In questo caso sembra di sì, tanto che quasi all’unanimità l’immagine che abbiamo scelto come corpo centrale del collage è quella di una mongolfiera, tecnologica, con la redazione a bordo, in bilico tra decollo e atterraggio, in uno stato di tensione dinamica tra la partenza e l’arrivo.
Ma come questa immagine racconta lo stato del progetto? E come può aiutarci a progettarne insieme la strategia di vita futura? Ne abbiamo discusso nella fase successiva del laboratorio, attraverso l’esercizio di dare un titolo e un sottotitolo a questo nuovo collage creato insieme.
Cosa il collage dice di noi
Tensione, disequilibrio, forza energica che genera movimento, compresenza di elementi, vettori, specie viventi: il collage emerso racchiude temi costanti nelle riflessioni di ogni partecipante al laboratorio. Temi sintetizzati dai titoli che abbiamo trovato in gruppi e condiviso insieme: Don’t look up. Le forze di un sistema in disequilibrio, Tensione. Forze multivettoriali che bilanciano la diversità degli elementi, Flycorno. Che verso fa la tensione?
Se da un lato il laboratorio ci ha aiutato a vedere che siamo sulla stessa mongolfiera, ovvero che tutto il team vede Mangrovia quasi allo stesso modo, dall’altro ci chiama a riflettere su quale sia la direzione verso cui il progetto oscilla. La tensione generativa non ci spaventa: in un sistema complesso adattivo, come un ecosistema, l’equilibrio è sempre una condizione dinamica, perché è il risultato delle relazioni tra le proprie parti e tra queste e il mondo esterno.
Ci siamo quindi resɜ conto di aver creato un collage che racconta una precarietà senza fragilità, dove l’obliquità del movimento non è disequilibrio ma identità del nostro metodo: le storie che raccontiamo sono trasversali, queer, “storte” rispetto agli stereotipi dominanti, frutto e motore di pensiero laterale.
Obliquo è il modo con cui abbiamo scelto di esplorare la realtà, senza sapere dove atterreremo.
Chissà questo slancio energico dove ci porterà. Forse qualche aspetto di questo progetto muterà, qualche forza interna si riassesterà, sulla spinta di altri vettori, ma resterà l’obiettivo di mostrare che solo l’intreccio dei saperi produce impatti sociali. Se vogliamo cambiare i rapporti di forza nella società, dobbiamo agire sugli immaginari. E raccontare le altre storie di cultura, tecnologia e società, serve a questo.
- La seconda è stata dedicata all’analisi dei punti di forza e di debolezza del progetto visto dall’esterno (ovvero in quanto prodotto, nella sua relazione con i pubblici). ↩︎