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Un anno nuovo per Mangrovia

Dove sono le nostre radici e dove tendono le nostre chiome

Redazione
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Un anno nuovo per Mangrovia

Un articolo che ripercorre ciò che abbiamo fatto per capire cosa cambia e cosa resterà in questo nuovo anno di articoli, interviste e collaborazioni editoriali che ci attende. Dedicato a chi ci legge da un po’ e a chi ci leggerà.

Una redazione in movimento

Sono trascorsi più di dodici mesi da quando questa rivista è nata: il 24 febbraio 2024 abbiamo pubblicato il nostro primo articolo sull’economia delle mangrovie e la prima puntata del podcast Zenit. Un percorso fino a oggi intenso, emozionante, a tratti tortuoso e impegnativo, ma sorprendente e trasformativo. Dopo alcuni cambiamenti, come la sospensione del podcast e la nuova direzione della testata, vogliamo ripercorrere con questo articolo come questo primo anno è andato, e raccontare come continueremo a sperimentare un giornalismo costruttivo e transdisciplinare, con una prospettiva più possibile intersezionale ed extraeuropea.

D’ora in poi, a tenere le fila del lavoro di redazione sarà Alessandra Navazio, già editor di Mangrovia, mentre il nuovo direttore responsabile è Riccardo Silvi. Tra le nuove firme, Teresa Fallavolita, che ha scritto tra gli altri per Fanpage.it e La Repubblica e ci racconta che: «Dopo alcune sparute esperienze, tra studi vari e stage sottopagati, ho capito che quello che mi sarebbe più piaciuto fare, penna alla mano, era raccontare storie. Specialmente storie di persone e realtà spesso lasciate in ombra, difficilmente colpite dalla luce dei riflettori».

«Quando mi sono imbattuta – un po’ per caso – nel progetto di Mangrovia, ho capito che mi offriva uno spazio invitante: l’idea alla base del cogliere e valorizzare l’intersezionalità, lo scambio e il dialogo tra settori apparentemente separati e non in contatto».

«Una sfida, di certo, non nego un po’ di iniziale timore, ma che non può che essere stimolante (e, speriamo, divertente)».

Com’è andato il primo anno

Nel corso del primo anno di vita della rivista, abbiamo scritto e pubblicato 64 articoli e interviste, 89 episodi del podcast Zenit e per 41 volte siamo arrivatɜ nella tua casella di posta. Abbiamo dedicato i primi sei mesi a raccogliere e raccontare altre storie di cultura, tecnologia e società che trattassero gli habitat: abbiamo così creato un archivio di contenuti scritti sull’acqua salata, sull’acqua dolce, sulle foreste, sulla mangrovia, sui deserti caldi e freddi, e infine sullo spazio. Poi, ci siamo spostati sull’estetica, intesa come la conoscenza del mondo attraverso la sensibilità corporea: abbiamo parlato di consenso, creatività, doppio, performance, piacere, sentimento. Abbiamo intervistato 88 persone che hanno portato in questa rivista progetti scientifici e culturali, ricerche, libri, opere d’arte, mostre, studi. Dalle città-spugna di Kongjian Yu per la pianificazione urbana della Repubblica Popolare Cinese al prompt come scrittura creativa per gli sketch teatrali di The Models, passando per gli esports che allargano la partecipazione, la creatività che si cela dietro ai farmaci, le parole che servono per l’economia del deserto e un museo di sculture completamente sommerso a Cipro, per immaginare nuovi futuri sostenibili di ecosistemi a rischio. Tutti scritti in doppia lingua, italiano e inglese, per favorire un bacino di utenza, ambiziosamente internazionale.

Infine, abbiamo anche esplorato una modalità di produzione dei contenuti branded, collaborando con realtà come Ogyre che permette alle aziende di preservare l’oceano supportando le comunità locali, Rome Future Week che offre un confronto su come le tecnologie avanzate possano migliorare la qualità della vita, AI Festival, da sempre attivo rispetto agli sviluppi e alle implicazioni etiche dell’Artificial Intelligence, e il festival di arte contemporanea Giungla, che indaga il rapporto tra umano, natura e tecnologia. Abbiamo, inoltre, portato l’esperienza di Mangrovia al Glocal Festival a novembre 2024.

Cosa cambierà e cosa resterà

In questo momento di riconfigurazione della redazione, ci siamo prese del tempo per riflettere sull’identità di questo giornale e rimetterne a fuoco i punti centrali. Perché fare Mangrovia? Perché prendere parola in un mondo già pieno di informazione? Quali scenari vogliamo disegnare con le nostre voci? Cosa possiamo aggiungere all’esistente?

Ripetiamolo. Mangrovia si fonda su un principio essenziale: la convergenza dei saperi. Non si tratta solo di accostare discipline diverse, ma di esplorare come arte, tecnologia e società si intrecciano in un dialogo generativo. Questo significa che ogni contenuto conterrà, in maniera ancora più coerente e concreta di quanto fatto finora, tre voci, o tre sguardi: l’espressione artistica, la questione tecnologica e le implicazioni sociali. Per farlo, ci lasceremo guidare ogni giorno da filosofi e teoriche che hanno ridefinito il modo di guardare alla conoscenza, alla scienza e all’ecologia.

Ecco allora che ci va di condividere i nostri riferimenti, affinché sia anche più chiara la strada che vogliamo percorrere. Edgar Morin1, che ci ricorda che la mente umana tende a cercare una visione d’insieme per comprendere la complessità della realtà e la necessità di abbandonare il pensiero lineare, riduzionista e disciplinarmente frammentato; Humberto Maturana e Francisco Varela2, che sono il simbolo di un approccio ecologico alla conoscenza, in cui ogni disciplina non è autonoma, ma interconnessa con altre forme di sapere, proprio come gli organismi sono interconnessi nel loro ambiente; Ulrich Beck3 perché il mondo moderno è segnato da rischi che attraversano i confini nazionali, culturali e disciplinari: per affrontarli è necessaria una prospettiva interdisciplinare che integri scienze sociali, politiche, economiche, naturali e tecniche. Ma anche Bruno Latour4, che avevamo citato nel primo backstage, per tenere sempre a mente l’importanza di uno sguardo che decostruisce, dove decostruire non significa distruggere ma comprendere, mettere in moto un processo di smontaggio delle categorie epistemologiche e ontologiche tradizionali, superare la divisione tra scienza e cultura umanistica, tra natura e società. Decostruire per includere, riconoscendo i limiti e la dipendenza della nostra conoscenza dal contesto sociale e tecnico che la produce.

E infine Donna Haraway5 e il suo cyborg come metafora di un nuovo modo di conoscere e di una nuova visione dell’identità: un’entità ibrida che non è né macchina né essere umano, né maschio né femmina, situato oltre i confini delle categorie che normalmente utilizziamo per interpretare il mondo

Questi riferimenti teorici non bastano però a restituire l’identità di Mangrovia. Un discorso a parte va fatto a proposito dell’arte, di come ne parliamo, la raccontiamo, la osserviamo, e sul perché vogliamo dedicarle il nostro spazio. Mangrovia, nascendo da un’organizzazione culturale che usa i processi dell’arte contemporanea per produrre impatto sociale, considera l’arte una forza trasformativa capace di andare oltre il solo piacere estetico, e gli e le artiste sono mediatorɜ privilegiatɜ che hanno la capacità di esplorare e decostruire la realtà, scoprire le connessioni invisibili, senza limitarsi a rappresentare ciò che è evidente, ma scavando più a fondo e portando alla luce ciò che sfugge allo sguardo ordinario. L’arte è una «fondamentale forza di sviluppo», come sostiene il filosofo statunitense John Dewey ne Arte, educazione, creatività6: suscitando emozioni e stupore, rende accessibili concetti complessi, abbatte le barriere tra persone esperte e pubblico, facendo sì che ognunǝ possa partecipare al dibattito sulla società in cui vive. Con le loro visioni del mondo spesso critiche o provocatorie, gli e le artistɜ sono capaci di fare resistenza alle narrazioni dominanti, e utilizzare e dis-utilizzare la tecnologia, mettendone in luce nuove potenzialità e invisibili rischi.

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Vuoi collaborare?

In questo secondo anno di vita della rivista, vorremmo ancora di più esplorare possibili collaborazioni con Università e centri di ricerca, siti archeologici e poli museali, consorzi, enti di formazione continua, per aiutare chi si occupa di produrre nuova conoscenza a divulgare questo sapere. Saremo al servizio di quella che è chiamata “Terza missione”: «L’insieme delle attività di trasferimento scientifico, tecnologico e culturale e di trasformazione produttiva delle conoscenze, attraverso processi di interazione diretta dell’Università con la società civile e il tessuto imprenditoriale, con l’obiettivo di promuovere la crescita economica e sociale del territorio, affinché la conoscenza diventi strumentale per l’ottenimento di benefici di natura sociale, culturale ed economica»7.

Con i nostri articoli e podcast vogliamo valorizzare i prodotti della didattica e della ricerca con strategie di coinvolgimento del pubblico, per favorire il confronto, lo scambio e lo sviluppo reciproco tra l’Università e gli stakeholders, e contribuire alla costruzione di una società della conoscenza. Se hai intenzione di raggiungere questi obiettivi, scrivici a redazione@mangrovia.info.

 

  1. Morin, E. (2000). La testa ben fatta: Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero. Raffaello Cortina Editore. Morin, E. (2020). I sette saperi necessari all’educazione del futuro. Raffaello Cortina Editore. ↩︎
  2. Maturana, H., & Varela, F. (2012). Autopoiesis and cognition: The Realization of the Living. Springer Science & Business Media. ↩︎
  3. Beck, U. (1986). La società del rischio. Verso una seconda modernità. ↩︎
  4. Latour, B., & Ewald, F. (2008b). Disinventare la modernità. Conversazioni con François Ewald. ↩︎
  5. Haraway, D. (1985). A Cyborg Manifesto. ↩︎
  6. Dewey, J. (2023). Arte, educazione, creatività. Feltrinelli Editore. In questa cornice si inserisce il lavoro interessante di Ludosofici che applica il metodo ideato da Bruno Munari. Cfr. https://www.ludosofici.com/, ult. cons. 26/07/2023. ↩︎
  7. Cos’è la Terza Missione – Dipartimento di Scienze della Formazione. (2024, September 4). Dipartimento Di Scienze Della Formazione. https://scienzeformazione.uniroma3.it/terza-missione/cose-la-terza-missione/ ↩︎

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